Blind Guardian
Recensione: Legacy of the Dark Lands
Recensione: Legacy of the Dark Lands
Se c’è una tendenza che accomuna la comunicazione moderna, come una sorta di minimo comune denominatore dell’informazione trasmessa, questa è lo storytelling. Sì, perché il dato nudo e crudo annoia nella sua misura spoglia e richiede tempo per essere elaborato, cultura per essere contestualizzato, olio di gomito mentale per diventare un prodotto socialmente appetibile per la curiosità instagrammabile e volubile nostra, e degli altri.
L’attenzione è la vera moneta del ventunesimo secolo, si dice, ed il suo costo lievita perché in giro se ne trova sempre meno. E voi che leggete questa recensione siete tutti, quindi, un po’ speciali.
Fare storytelling significa (provare a) valorizzare la notizia facendola diventare parte di un discorso più ampio, di una storia con inizio fine e morale, di un meccanismo di proiezione/aspirazione che ci regala un’illusione specchiata e con essa la consolazione di appartenere, condividere, incidere. In questo senso concept album ed elaborate trame sinfoniche rappresentano il tentativo di dare vita ad un prodotto che sappia comunicare su più piani, perché attorno all’informazione di base – la canzone – troviamo spesso elementi tipici del racconto come preludio ed epilogo, racconto di una trama, evocativi momenti strumentali, effetti sonori e profumati materiali di corredo (come un booklet ben fatto, per noi nostalgici della musica anche da accarezzare) che compongono un’esperienza profonda, sfaccettata e toccante: quel “Re-vo-lu-tion” urlato alla fine di Eyes Of A Stranger (Operation Mindcrime, Queensrÿche, 1988) mi sospende ogni volta in un momento di sublime e soffocante inquietudine...
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