lunedì 2 settembre 2013

Recensione ALIEN HOMINID - GAME BOY ADVANCE


Dal retro della confezione: "Gli hanno sparato, lo hanno abbattuto, derubato e sondato. E' ora di rendere la pariglia..."
Pariglia
  • Coppia di cose uguali
  • In particolare, coppia di cavalli da tiro
  • Nel gioco delle carte, coppia di carte uguali
  • Coppia di dadi che presentano la stessa faccia
  • Figurativo, Trattamento uguale, contropartita, Specifico nella locuzione rendere la pariglia a qualcuno, rendere pan per focaccia, fargliela pagare
Mentre avevo già avuto l'opportunità di giocare ad Alien Hominid in passato, non avevo mai sentito usare questa espressione, rendere la pariglia. Quindi, nel caso vi facessero notare che i videogiochi non sono istruttivi, rispondete con relativa fierezza che essi non solo mantengono allenati i riflessi e le capacità di lateral-thinking & problem-solving, ma non paghi elargiscono anche espressioni figurative in italiano semi-arcaico, che nemmeno molti dei loro detrattori conoscono. Ma veniamo al gioco! Ideale prosecuzione di un flash-game scaricato diciannove milioni di volte, Alien Hominid è un classico platform/shoot 'em up con vista laterale alla Contra, caratterizzato da uno stile grafico bidimensionale, ottime animazioni ed una generale sensazione di cura & stile. Sviluppato nella sua versione originale da The Behemoth, un piccolo studio di sviluppo allora all'esordio e con sede a San Diego (anche autore, nel 2008, di Castle Crashers), il gioco fu pubblicato per la prima volta nel 2002 e successivamente convertito per Playstation 2, GameCube, Xbox ed Xbox Live Arcade. Realizzato dal programmatore Tom Fulp e dall'animatore Dan Paladin, il gioco fu inizialmente pubblicato in forma di prototipo su Newgrounds, un portale di giochi realizzati in Flash. La storia era quella di un piccolo alieno giallo schiantatosi con il suo piccolo disco volante sulla Terra, che doveva farsi largo tra orde di agenti dell'FBI corrotti intenzionati a catturarlo. Il gioco consisteva originariamente in un solo livello con due boss e solo più tardi ne sarebbe stata pubblicata una versione completa destinata alla vendita. Il progetto fu interamente riscritto per le console, la grafica realizzata a mano da Paladin si affinò ulteriormente e vennero introdotti nuovi elementi di gameplay per rendere l'esperienza più profonda e coinvolgente. Convertito da Tuna Technologies per il Game Boy Advance, il mondo fantascientifico immaginato da Dan Paladin sembra pulsare di vita propria sul piccolo schermo del portatile Nintendo: la frenesia - priva del benchè minimo rallentamento - con la quale ci si deve difendere dagli attacchi nemici, la qualità di musiche ed effetti sonori, l'attenta calibrazione della giocabilità costruiscono un pacchetto solido e convincente sin dai primi livelli. Se escludiamo due stage a scorrimento multi-direzionale che ci vedranno impegnati alla guida di una navicella spaziale, il gioco ci vedrà impegnati a correre da sinistra verso destra uccidendo gli agenti nemici (che prima di scomparire ci regalano animazioni piuttosto splatter, che è possibile disabilitare dal menu delle impostazioni), utilizzando una serie di movimenti (salto, accovacciamento, lancio della granata, nascondiglio sottoterra), accumulando power-up che permetteranno di sparare in vari modi (anche se solamente nelle quattro direzioni principali, escluse quindi le diagonali) e confrontandoci con gli immancabili, e fantasiosi, boss di fine livello. Questi combattimenti, in particolare, presentano un grado di sfida che viene ridimensionato una volta appresi movimenti e modalità di attacco: non si tratta di pattern complicati (se si esclude la crudele imprevedibilità del mostro finale), per cui ad ogni partita è possibile affinare la propria tecnica assaporando la gratificazione che l'apprendimento comporta. 


Le diverse possibilità di movimento a disposizione del personaggio (che ci permetteranno di accumulare Style Points per le uccisioni più fantasiose), unite a controlli intuitivi e facilmente memorizzabili, regalano una buona sensazione di padronanza e mettono al riparo da morti immeritate (cheap death): ad un'azione frenetica alla Metal Slug (con nemici provenienti da ogni lato, spari, esplosioni e la possibilità di mettersi alla guida di carri armati ed enormi yeti!) Alien Hominid risponde quindi mettendo nelle mani del giocatore un'ottima giocabilità, che ci permette di reagire con efficacia alle singole minacce. La sfida non appare mai ingiusta, nè dall'esito casuale: i potenziamenti sono infatti frequenti (e dispensati da bambini evidentemente conquistati dalla simpatia del nostro piccolo alieno, che ricorda il disneyano Stitch) ed anche nelle situazioni più caotiche il giocatore non viene mai intrappolato, lasciandogli sempre un minimo di spazio di manovra per provare una soluzione di attacco o evasione diversa. Le tante vite ed i continua a disposizione consigliano di confrontarsi da subito con la modalità Media, se non addirittura Difficile: è infatti possibile portare a termine la prima già dopo le prime sessioni di gioco, una volta presa la giusta confidenza con i comandi, minando drasticamente la longevità della cartuccia. A parziale compensazione, si segnala la presenza di tre minigiochi (Chicken Lickin', Missile Mastar e Chipper) che offrono un piccolo diversivo, se non proprio un'esperienza di gioco completa e appagante. La grafica da cartone animato, come si sarebbe detto un tempo, la cura delle animazioni e la personalità che pervade ognuno dei tredici livelli previsti da questa versione fanno di Alien Hominid un titolo non solo tecnicamente validissimo, ma anche molto godevole. Il piccolo schermo del GBA, per quanto ben utilizzato, quasi fatica a mettere nel giusto risalto ogni dettaglio, al punto che si raccomanda anche di giocarlo su uno schermo più ampio e luminoso (con un emulatore come Visual Boy Advance, ad esempio) per meglio apprezzarne i piccoli tocchi di classe, le animazioni e gli accostamenti cromatici. La facilità con la quale è possibile giungere alla fine dell'avventura, almeno a livello medio, non preclude la possibilità di concentrarsi su altri aspetti, quali l'accumulo di Style Points o l'utilizzo di un numero inferiore di vite per arrivare alla meta: il doppio livello impegnato/disimpegnato che caratterizza il titolo di The Behemoth, comune a molti titoli di successo (a partire dal primo Super Mario Bros), rende adatto il gioco sia a sessioni veloci che ad altre alle quali dedicare un'attenzione maggiore. Starà comunque al giocatore stabilire se le diverse possibilità di fruizione gli garantiranno un interesse duraturo ed una longevità adeguata al prezzo della cartuccia. 

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