Ancora ebbro per la recensione di Lucifer (Fox, 2013) torno volentieri in terra Svizzera, per la precisione a San Gallo, capitale dell'omonimo cantone, per parlarvi dei Black Diamonds, quattro ragazzi che - narrano le scarse cronache biografiche reperibili su Internet - sembrano aver "venduto la loro anima al diavolo" tanto grande è l'amore per il rock più selvaggio che li unisce. Condividendo una grande passione per tutto ciò che è hard & glam, come si evince dallo stile che gli svizzeri omaggiano con ogni mezzo, dall’abbigliamento di genere alla disorganizzazione del sito Internet, i Black Diamonds si formano nel Settembre 2004, ufficialmente a seguito di una sontuosa bevuta. Completata la prima line-up con l’ingresso di un bassista, la band si mette subito in evidenza per un’intensa attività live, che li vede protagonisti di spettacoli dirompenti: il contestuale impegno in studio porta alla pubblicazione, quattro anni più tardi, dell’album di debutto First Strike, contenente dieci brani originali ed una cover di Chuck Berry, quasi a testimoniare l’amore per un rock’n’roll delle origini, puro ed incontaminato nello spirito, eppure retro-attualizzato per suoni ed immagini con il corredo artistico lasciatoci in dote dagli anni ottanta. Seguiranno ulteriori cambi di formazione, più frequenti quando le band assaporano i primi successi e le ore di assoluta dedizione richieste si moltiplicano, fino a quando nel 2011 i Black Diamonds si assestano nuovamente per dare alle stampe il singolo Black Thunder. Influenzati da Guns N’Roses, The Darkness e Buckcherry, sembra che per i quattri svizzeri il 2013 possa finalmente rivelarsi l’anno della consacrazione, grazie alla pubblicazione di un secondo album, di un video ufficiale (lo trovate più sotto) e di un’attività concertistica che, a giudicare dagli appuntamenti fissati sulla pagina Facebook, sembra piuttosto intensa. Il disco, vale la pena dirlo subito contravvenendo ad ogni regola pseudo-giornalistica, è un piccolo gioiellino che merita tutta la fortuna possibile in un mercato affollato, che per insidie ed imprevedibilità pare essere secondo solo a quello immobiliare. Perfect Sin è ruspante ed immediatamente decifrabile, pacchiano e sfrontato come ogni singolo aspetto che riguarda i suoi solchi e la sua band, straordinario per efficacia e capacità di creare un crescendo che unisce nei cori di una We Want To Party qualsiasi (We are here, We Want... To Party!). Bastano pochi secondi per ritrovarsi, ne sia prova, a cantare il ritornello di Judgement Day: l'opener - escludendo l'intro The Court - esibisce un ottimo drive, nel quale il suono fantastico del ride di Manu si evolve in un quattro/quarti scandito dal crash col quale è impossibile non entrare in dinamica sintonia.
La pagina Facebook della band, dicevamo, a fronte di un sito ufficiale traboccante di link a social network e negozi online (Facebook, YouTube, Restorm, MySpace, Bandweb, MX3, iTunes, CeDe, Amazon, CD Baby, Spotify, Last.fm) ma piuttosto avaro di informazioni, rappresenta un diario prezioso che racconta il sogno di Mich e dei suoi compagni di viaggio, spesso ritratti abbracciati: dalla richiesta di sponsorizzazione rifiutata con garbo dalla Jack Daniels alla foto che li ritrae stesi ed incuranti sui binari del treno, avvolti dalla neve, il racconto dei Black Diamonds è un tentativo continuo, persino edificante nel principio che lo anima, una sfida condita dall’illusione dell’immortalità, nobilitata - almeno ai nostri occhi - dalla volontà di infondere lo spirito rock in ogni aspetto della quotidianità, fosse questa un’arteria autostradale da percorrere per raggiungere la prossima venue oppure l’officina di un meccanico dove ritirare il tour bus finalmente aggiustato. La voluta accessibilità della ricetta alla base del disco non deve far pensare ad un prodotto tecnicamente approssimativo: al contrario, le chitarre sono entrambe in grande spolvero, affiatate come nell'heavy di una volta, tecniche e melodiche negli assoli che graziano ogni brano con precisione tipicamente eighties (Evil Seeds). Il drumming offre una buona varietà di soluzioni (compreso l’immancabile ricorso alla cowbell) e si concede qualche stacco sincopato che previene ogni possibilità di effetto-routine, il basso di Bernie gode di una buona ribalta (Hell Boys), la voce di Mich è infine perfetta per il genere, melodica e tardo-adolescenziale, effettata nella giusta misura e graffiante quando serve per dare credibilità agli amori di strada cantanti nei testi, prevedibilmente scontati (She’s lying in my bed and she’s looking incredibly beautiful, tipo) e conditi ora da qualche corroborante Fuck You! (Read My Lips) ora dagli immancabili yeah. La scaletta di Perfect Sin è un assalto continuo di combustioni spontanee e frammenti divertenti, tutti capaci di evocare un convulso movimento punk, un'emozione minima, una trasgressione ingenua e ripetibile senza sensi di colpa: i Black Diamonds riescono con semplici successioni di accordi ad evocare stati d'animo differenti, complici buone ballad come I'll Be OK e Hold On, ed altre appena discrete come Take My Life oppure l’acustica A Thousand Roses, stimolando una malinconia giovane e nostalgica (Somebody Put Something In My Drink), ribelle e carica di speranza, che riporterà indietro nel tempo molti di noi e renderà a suo modo unico questo ascolto. L'album - che appaga anche per la quantità di musica proposta nell’arco delle sue quindici tracce - possiede un'energia sporca e disordinata perfettamente coerente con lo stile leather/maculato della band, il genere scelto ed il ricordo dei posti nei quali vorremmo tornare, sull'onda delle sue note: il pacchetto si presenta allora perfetto, non adulterato ed a misura della sua ambizione terrena, quella che solo una piccola band svizzera con poco più di seicento fan su Facebook saprebbe ancora cullare. Perfect Sin è un Peccato felice di portare nel suo cantone un risultato positivo e squisitamente mortale che segna senza dubbio un passo nella giusta direzione, alla soglia dei primi dieci anni di sacrifici, elettrizzanti attese, kilometri su gomma e meritate conferme.
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Glam Rock, 2013
Autoprodotto
Tracklist:
- The Court
- Judgement Day
- Shot Of Love
- I’ll Be OK
- Take My Life
- Hell Boys
- Perfect Sin
- Hold On
- Read My Lips
- We Want To Party
- Hands Of Destiny
- Evil Seeds
- Up All Night
- Somebody Put Something In My Drink
- A Thousand Roses
Line-up:
Mich (Voce, Chitarra)
Andi (Chitarra)
Bernie (Basso)
Manu (Batteria)
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