Paralydium
Recensione: Worlds Beyond
“Certain interplay”. “Integrate all the elements”. “Put the pieces together”. In mezzo a tante espressioni altisonanti con le quali gruppi ed etichette introducono il nuovo imperdibile album, la scelta degli svedesi Paralydium di presentare il proprio lavoro come, prima di ogni altra cosa, la composta evoluzione di una intuizione, mi ha affascinato per il suo carattere squisitamente pratico e terreno.
Questi cinque avevano sostanzialmente un problema: quello di combinare in una forma sostenibile e d’impatto una collezione di riff, groove e passaggi più meditativi elaborati a partire dal 2015, anno nel quale pubblicarono il primo EP. E quella della band fondata dal chitarrista John Berg un’opera compiuta e potente, sinfonica e barocca, lo è diventata davvero: fin dal prime battute lo stile asciutto del cantante Mikael Sehlin ben si sposa con costruzioni ritmiche complesse, impreziosite da piccoli passaggi strumentali e sostenute da ritornelli fieri della semplicità con la quale risolvono tutto ciò che li ha preceduti.
Il paragone più azzeccato, pur potendosi citare a pieno diritto Symphony X, Pagan’s Mind, Seventh Wonder e Dream Theater, è quello con i Kamelot di Poetry For The Poisoned (2010). Il genere proposto è infatti quello di un progressive tecnico e cinematografico, che sa alternare con facilità tinte più oscure con aperture facili all’orecchio, forme sinuose, albe soleggiate (“Awakening”) e sviluppi melodici propri di generi più rilassati.
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Ascoltato con
Cuffie Superlux HD-668B
DAC LH Labs Geek Pulse (ESS9018K2M Core)
Alimentatore LH Labs Linear Power Supply
Filtro Audioquest Jitterbug
Software Foobar2000 ver. 1.3.16 (WIN10 Pro / 64bit)
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