domenica 3 maggio 2020

Recensione AXEL RUDI PELL - SIGN OF THE TIMES


Axel Rudi Pell
Recensione: Sign Of The Times



La presentazione alla stampa di questo lavoro è affidata anzitutto ai numeri: con più di 1.7 milioni di album venduti in tutto il mondo, 2.6 milioni di riproduzioni in streaming per il predecessore “Knights Call“ (2018) ed una carriera lunga trentun anni che ha valso al virtuoso Axel Rudi Pell il riconoscimento di “leggenda” del metal, si direbbe che la somma degli elementi non possa che portare ad un risultato glorioso. 

Il problema è che le arti non sono scienze esatte: così come spesso ciò che ascoltiamo è di molto superiore alla somma delle sue parti, può accadere ogni tanto che il valore vada un po’ perso tra le operazioni matematiche, ed il buono che c’è nelle umane cose finisca intrappolato tra i conteggi. Dell’autorevolezza vocale di Johnny Gioeli mi è capitato di scrivere recentemente, mentre suona fresco e sorprendente quel senso di nuova alba presente nella intro “The Black Serenade”, evocativa al punto da alimentare la speranza. 

Gran parte della classe di questo album è affidata alla tastiera di Ferdy Doernberg, perfetta nelle sue sonorità seventies per dare un senso di rassicurante classicismo. Non mancano poi i pregevoli, non solo per tecnica ma anche per gusto melodico, assoli dello stesso chitarrista tedesco: la sensazione tuttavia, al di là dei contributi personali, rimane quella di un approccio soprattutto equilibrato, rotondo per ritmi e sonorità.

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Ascoltato con
Cuffie Superlux HD-668B
DAC LH Labs Geek Pulse (ESS9018K2M Core)
Alimentatore LH Labs Linear Power Supply
Filtro Audioquest Jitterbug
Software Foobar2000 ver. 1.3.16 (WIN10 Pro / 64bit)

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