sabato 5 gennaio 2013

Recensione cuffie HOUSE OF MARLEY JAMMIN' POSITIVE VIBRATION


Sono entrato in possesso delle cuffie Jammin’ Positive Vibration di House Of Marley grazie alla raccolta punti di Total Erg, che mi ha permesso di ordinarle dal mio distributore di fiducia con un contributo di soli 15 Euro (il prezzo di listino dovrebbe essere di circa 59.90 Euro). Queste cuffie si caratterizzano non solo per il sostegno che il produttore statunitense assicura all’organizzazione di beneficenza della famiglia Marley (1Love.org) ma anche per una filosofia costruttiva che privilegia l’utilizzo d materiali reciclati o reciclabili: per questo motivo le Jammin’ - comunque costruite in Cina - utilizzano plastica riciclata ed alluminio riciclabile. Completano la dotazione gli altoparlanti da 50mm di diametro, il cavo in tessuto resistente ed anti-aggrovigliamento e le “comode imbottiture per le orecchie”, così descritte sul retro della confezione. La scatola, a proposito, trasuda naturalità da tutti i pori: realizzata in semplice cartone totalmente riciclato, essa presenta sulla facciata principale un’immagine a colori delle cuffie (“eco-friendly on-ear headphones") mentre sul retro domina una foto di Bob Marley, ricordato con un breve testo in cinque lingue. 


Le cuffie, che è possibile “spiare” da un’ampia finestra laterale in plastica trasparente, sono alloggiate all’interno in una struttura di cartone molto ben ingegnerizzata, che comprende anche un sacchetto in tessuto nero per il trasporto e due minuscoli depliant cartacei: il primo è dedicato alla garanzia di due anni che copre le Jammin’, mentre il secondo saluta il consumatore in una miriade di lingue, invitandolo ad un ascolto a volumi “responsabili”. Totalmente assenti le caratteristiche tecniche, non menzionate neppure sul sito ufficiale. 


Cuffie e mini-jack da 3.5mm placcato in oro con attacco angolato a 90° sono collegati da un cavetto rivestito in tessuto dai colori giamaicani, piacevole al tatto ma dal diametro molto contenuto, ed originariamente legato da un semplice e rustico spago. Non sono presenti prolunghe nè adattatori di alcun tipo, e non è possibile scollegare il cavetto dal trasduttore di sinistra al quale esso è connesso. Le Positive Vibration, qui nella versione arancio/azzurro denominata Sun, sono colorate e leggerissime, di certo non pretenziose, ed invitano ad un ascolto allegro e disimpegnato, ancor prima che di qualità. Le cuciture arancioni, l’archetto rivestito in doppio colore azzurro (sopra) ed arancione (sotto) ed il semplice meccanismo di autoregolazione definiscono esteticamente l’accessibilità del prodotto, adatto per peso e dimensioni contenute ad un utilizzo “on the go”. 


Sicuramente soddisfatto della presentazione e dell’immagine, decido di mettere alla prova le Jammin’ con il mio set-up di riferimento, che prevede l’utilizzo di un notebook Compaq 6720s, equipaggiato con il chip audio AD1981HD di Analog Devices e Windows Media Player 11: l’amplificazione del segnale in uscita è invece affidata ad un amplificatore per cuffie marcato Miridiy, che utilizza un doppio canale digitale/analogico, grazie alla presenza di una valvola di tipo 6N11/ECC88 recentemente sostituita. Queste le principali caratteristiche della mia scheda audio:
  • 2 DAC channels: 24-bit 
  • 2 ADC channels: 20-bit 
  • HD audio sample rates 8 / 11.025 / 16 / 22.05 / 32 / 44.1 / 48 kHz 
  • Greater than 90 dB dynamic range 
  • S/PDIF output: 32 kHz, 44.1 kHz or 48 kHz, or 24-bit 
  • Digital beep and analog PC beep pass-through 
  • Integrated headphone amplifiers on two ports 
  • Port retasking 
  • Selectable microphone and line inputs 
  • Full analog mixer 
  • Legacy inputs: CD and auxiliary inputs



In virtù della loro leggerezza, il comfort delle House Of Marley si può definire immediatamente buono: l’imbottitura poggia sulle orecchie senza avvolgerle (dopo tutto queste sono cuffie on-ear), mentre risulta abbastanza ferma la pressione esercitata, necessaria per assicurarne il corretto e stabile posizionamento in caso di attività svolte all’aria aperta. Comincio il test - senza aver osservato alcun periodo di burn-in o rodaggio - con il metal degli Amalgama, promettente band russa scoperta girovagando in Rete: la loro Мечта è... molto deludente, dal momento che le cuffie suonano “plasticose” esattamente come il loro aspetto lascerebbe supporre, avvicinandosi pericolosamente al suono delle cuffie multimediali di Eurospin recensite durante la scorsa estate. Il suono delle Positive Jammin’ è piatto e distante, nonostante la buona amplificazione inserita nel percorso del segnale, e del tutto carente di dettaglio nonostante il file MP3 di buona qualità (320kbps): il risultato è un pasticcio di qualità e quantità modeste, col quale è impossibile stabilire una qualche connessione emotiva. Non si avvertono frequenze più esuberanti che permettano di attribuire un qualche carattere alle cuffie, che proprio non sembrano a loro agio con generi dalla forte dinamica. 

Le cose vanno leggermente meglio con suoni meno freddi, come quelli degli australiani Babyjane: She’s Just A Liar riesce ad “uscire” dalle casse con minore timidezza, privilegiando basso e chitarre, mentre alti e medio-alti tendono a perdersi in un marasma disorganizzato che certo non entusiasma l’audiofilo, per quanto dalle aspettative low-cost (come il budget a disposizione, del resto). Le fumose atmosfere da strada di Saints Of Los Angeles dei Motley Crue riescono finalmente ad accontentare le cuffie eco-compatibili: la poca purezza è compensata da una presentazione sufficientemente potente, che sacrifica il dettaglio e la dinamica in nome della compattezza dei suoni. Non c’è davvero nessuno strumento per la cui resa valga la pena scrivere a casa: le chitarre elettriche sono riconoscibili ma per nulla vibranti, alla batteria manca lo stacco secco, i bassi sono presenti ma senza strafare e le voci sono probabilmente tra le componenti maggiormente penalizzate da tanta generale mediocrità. Siamo sulla stessa linea senza infamia e senza lode con i suoni ruvidi di Man On The Edge degli Iron Maiden, che sembrano poter superare senza troppe ammaccature il trattamento riservato dalle House Of Marley: le cuffie rimediano con volume e sostanziale assenza di distorsione ad una performance piattina e che non contempla termini quali “vibrante" o “ariosa". L’idea di un ambiente artificioso riaffiora al momento dell’assolo, quando tra chitarre e sezione ritmica non si avvertono le distanze, i contrasti, le tensioni e la chimica: al contrario, ogni elemento è ridotto sullo stesso piano - compreso il cantato del povero Blaze Bayley - e riesce difficile seguire il ritmo e partecipare. You Give Love A Bad Name dei Bon Jovi suona ancora più vecchia e ottantiana di quanto già non sia: mentre ci sono cuffie in grado di regalare una seconda giovinezza alle registrazioni più datate, le Jammin’ affossano la band americana con suoni inequivocabilmente ottantiani, con la possibile eccezione del basso, finalmente presentato in modo ritmico e musicale. '74’75 dei The Connells potrebbe essere la canzone giusta per le Jammin’, con un incedere più pacato e suoni ben distinti: se il brano esenta le cuffie da critiche relative alla scarsa dinamica, va però detto che il godimento è comunque compromesso dalla mancanza di dettaglio e di profondità, che non esalta i colpi di batteria sulla cassa, nè la freschezza delle chitarre o la dolcezza del cantato. La mancanza di tridimensionalità rende impossibile una rappresentazione verosimile della scena sonora, alla quale vengono meno intimità e calore, umanità e sintonia: i cori nel finale sono quasi impossibili da distinguere e sembrano provenire da un megafono, tanto chiusa e nasale ne appare la resa. 


Rendo quindi il compito ancora più facile con i suoni acustici di Sitting, Waiting, Wishing di Jack Johnson: pur nella semplicità, solo la linea di basso pare salvarsi dall’appiattimento generale. Le corde della chitarra non respirano come dovrebbero, il suono della batteria manca di precisione e la voce di Johnson, per quanto intellegibile, risalta più per una questione di mero volume che non per la qualità con la quale (non) viene tradotta. Stesso risultato con What I Am di Edie Brickell: per la natura della canzone le cuffie vengono messe nella condizione di non nuocere, ma nemmeno approfittano dell’occasione per regalare un tocco di calore, di dettaglio e di attenzione che sappia regalare qualcosa di più rispetto ad una prova almeno coerente. Nel frattempo anche l’archetto superiore comincia a far sentire il suo peso, e si rende necessaria una regolazione più morbida delle cuffie che, allentando la pressione esercitata sulle orecchie, tende a far respirare meglio i suoni. Suburban Knights degli Hard-Fi ed Only The Good Die Young degli Iron Maiden sembrano poter beneficiare in piccola parte del trattamento, con suoni pur sempre velati ma almeno disposti all’interno di una scena più ampia. 

In virtù della resa non troppo soddisfacente con l’utilizzo dell’amplificatore dedicato, provo a collegare direttamente le cuffie al cellulare (un modesto Palm Pixi Plus) per verificarne il funzionamento in condizioni più frequenti e devo rilevare come, in questo caso, il suono delle Positive Jammin’ riesca a trovare una sua dimensione. Liberate da aspettative hi-fi, le cuffie riescono ad esprimersi meglio quando messe in grado di gestire direttamente il segnale in ingresso: il metal svedese dei Bloodbound (In The Name Of Metal) viene riprodotto con un volume adeguato, un suono abbastanza potente ed una discreta separazione tra i canali, caratteristiche apprezzabili se si sceglie di non andare troppo per il sottile. Assente qualsiasi tipo di equalizzazione (nemmeno prevista dal lettore musicale di questo telefono), la dirompente I’m Evil riesce a trovare una sua dimensione, presentando in maniera onesta cori e chitarre, doppia cassa e basso: la prova non ha nulla del miracoloso, perchè i limiti delle House Of Marley rimangono tutti, ma almeno non vengono messi impietosamente in evidenza come avveniva con la filiera del suono precedente. 

Collegate direttamente ad un telefono le cuffie restituiscono esattamente il suono che ci si aspetterebbe in un’occasione del genere (dalla sala di attesa della stazione alla passeggiata in riva al mare, per capirci), producendo con una colorata struttura on-ear il tipico suono che si otterrebbe da un discreto paio di economici auricolari. Le House Of Marley non sono cuffie autoritarie e non offrono davvero nulla che vada oltre il modesto prezzo di listino: grazie all’immagine originale del prodotto ed all’assenza di distorsione potranno comunque accontentare un pubblico meno esigente, o che almeno non sospetti dell’esistenza di prodotti come le Superlux HD668B che - a circa 30 Euro - offrono un’esperienza sonora di ben altro livello.

PRO
  • Accattivante eco-filosofia di fondo
  • Stabilità nell'utilizzo outdoor
  • Nessuna necessità di amplificatori per cuffie

CONTRO
  • Mancanza di spazialità e dettaglio
  • Cavo di collegamento molto sottile
  • Scomode dopo un utilizzo prolungato
VOTO 63/100