mercoledì 27 giugno 2018

HAL Laboratory: un sito sorprendente per gli appassionati di videogiochi

InuTamago ("Cane che cova le uova") è la mascotte di HAL Laboratory
Fondata in Giappone nel 1980, HAL Laboratory è una software house che ha sempre offerto contributi originali ed intelligenti al mondo dei videogiochi: chiamata così non per un omaggio al computer di 2001 Odissea nello Spazio (come erroneamente si ritiene), ma piuttosto per essere sempre un passo avanti rispetto ad IBM, dal 1986 HAL ha sviluppato in esclusiva per Nintendo, legando quindi i propri destini a quelli - assai fausti - della casa di Kyoto.


Di HAL non si ricordano solo i titoli della serie di Kirby o di Super Smash Bros., ma anche alcuni gioiellini che è tuttora possibile apprezzare su sistemi più vintage, e dall'architettura necessariamente più arcaica: all'interno di un portafoglio che comprende oltre cento giochi possiamo segnalare la serie di Adventures of Lolo (NES), il flipper Revenge of the Gator su Gameboy, Alcahest ed Earthbound per Super Nintendo nonchè i tre giochi dei Pokemon pubblicati su Nintendo 64. Decisive per le fortune della software house nipponica furono inoltre le figure del compianto Satoru Iwata, che ne fu presidente prima di diventare per oltre dieci anni presidente di Nintendo (imperdibile la sua serie di interviste Iwata Asks), e Masahiro Sakurai, creatore proprio di Kirby e di Super Smash Bros.

Questo breve articolo non ha però lo scopo di presentare la storia di HAL, quanto piuttosto quello di segnalarvi che il suo sito è non solo disponibile in lingua italiana ma anche ricco di informazioni sul procedimento che sta alla base della creazione di un videogioco, e sulle persone che sono coinvolte nel procedimento.

Le fasi della creazione di un gioco

La prima sezione meritevole di una visita si chiama Le fasi della creazione di un gioco e si articola in otto schede, graficamente molto chiare e gradevoli, ciascuna dedicata ad una fase dello sviluppo (presentazione del progetto, progettazione, programmazione, visual design, sonoro, interfaccia utente, localizzazione, debug). Cliccando su ogni scheda si otterranno informazioni coincise ma interessanti, non fosse altro per l'autorevole fonte dalla quale provengono, nonchè consigli utili e schede dei dipendenti che svolgono la specifica funzione. Non si tratta naturalmente di un corso, ma il tono delle spiegazioni è talmente appassionato da rendere la lettura di ogni scheda un momento coinvolgente per ogni appassionato.

Le figure professionali

La seconda sezione che vi segnalo è invece intitolata Le figure professionali e ci permette di fare idealmente conoscenza con alcuni dipendenti di HAL Laboratory, che ci spiegheranno - mediante testi, illustrazioni e foto interattive - in cosa consiste il loro lavoro ed in quale punto del processo di creazione intervengono. Questa sezione, divisa in sei parti, è ancora meglio della precedente: i testi sono più lunghi ed esaustivi, ci sono foto degli uffici sulle quali è possibile cliccare per scoprire dettagli curiosi e tabelle divertenti che dettagliano ora per ora la giornata tipo del singolo lavoratore.

La visita dell'intero sito, che comprende anche una sezione dedicata alla storia della software house ed alla sua visione, non richiede che pochi minuti, durante i quali sarà possibile apprendere qualche nuova nozione e, soprattutto, avere una prima visione d'insieme sul "dietro le quinte" di uno dei nostri hobby preferiti. E non si sa mai che, ispirati dalla lettura, non vi venga voglia di scaricare gratuitamente Unity, seguire qualche lezione su Youtube e cominciare a sviluppare il vostro primo videogioco!

lunedì 25 giugno 2018

Super Mario Kart: una retrospettiva



Benchè nelle prime fasi di sviluppo non fosse previsto che il più famoso gioco di corse per Super Nintendo avesse come protagonista Mario ed il suo mondo, quando i programmatori decisero di creare questo titolo di certo non immaginavano che avrebbero cambiato il mondo dei videogiochi per sempre...

Incluso da EDGE nella lista dei migliori cento videogiochi di tutti i tempi (più precisamente al quattordicesimo posto, tra Pro Evolution Soccer 6 ed il sognante Ico), Super Mario Kart è ampiamente riconosciuto come il gioco che ha dato il via ad un intero genere, ed infatti senza di lui non avremmo i giochi di kart “a tema” che oggi conosciamo e amiamo. Come per la maggior parte dei giochi di Nintendo, Super Mario Kart è stato un gioco profondamente innovativo, che ha ispirato una miriade di cloni ed imitazioni, senza però che nessuno riuscisse ad eguagliare la formula che Nintendo ha infuso nel gioco, creando qualcosa di incredibilmente accessibile per i giocatori di tutte le età, e tuttavia assolutamente profondo, una volta che hai sollevato il coperchio ed hai capito come funziona veramente. 

La modalità multiplayer di Street Racer

Meno di due anni dopo la pubblicazione di Super Mario Kart, anche Sonic – all’epoca il più acceso rivale dell’idraulico italiano – fu protagonista di Sonic Drift, seguito da Street Racer sul Super Nintendo nel 1994, gioco quest’ultimo che ricordo per la buona grafica e la possibilità di giocare in quattro contemporaneamente utilizzando ciascuno una striminzita fetta del Mivar a ventotto pollici – con doppio led che segnalava le trasmissioni trasmesse “in stereofonia” - che troneggiava nel mio salotto. Si può quindi affermare che Mario Kart abbia avuto un impatto tangibile e durevole sull’intera industria: non solo ha creato un genere, e questo è un dato di fatto, ma ha anche dimostrato che giochi e personaggi non dovevano essere necessariamente confinati in un’unica tipologia di gameplay.

Super Mario Kart funziona anche grazie all’ingiustizia scrupolosamente giusta delle sue meccaniche.
 EDGE – The 100 Best Videogames

L’idea che stava alla base dello sviluppo di Super Mario Kart era semplicemente quella di creare un gioco che si ponesse in netto contrasto con F-Zero, un gioco di corse single-player disponibile al lancio della console che offriva circuiti intricati e meccaniche abbastanza elaborate, almeno per l’epoca, inserite in una convincente ambientazione futuristica. Il principale elemento di differenziazione sarebbe stato la possibilità di sfidare un amico in modalità a schermo condiviso, un elemento “social” particolarmente caro a Nintendo, come dimostrano le quattro porte joypad montate di serie su Nintendo 64 o le recenti possibilità offerte da Switch. Ahinoi, o forse per nostra fortuna, i programmatori si resero presto conto che la tecnologia a loro disposizione non avrebbe permesso di visualizzare contemporaneamente due circuiti con lunghi rettilinei e relativi effetti speciali: ecco perché in Super Mario Kart troverete piste più lente, corte e piene di curve, perfette proprio per un gioco di kart. Da questo punto di vista è curioso notare come quello che sarebbe diventato il quarto gioco più venduto per Super Famicom – dopo Super Mario World, Super Mario All-Stars e Donkey Kong Country - nacque per un fortunato mix di visione e limitazioni tecniche con le quali fu necessario convivere. Fu proprio il multiplayer che attirò l’attenzione del pubblico quando il gioco fu lanciato, dopo all’incirca un anno di sviluppo: Super Mario Kart era davvero un eccellente party game su console, ed uno dei primi ad accompagnare perfettamente il suo stile colorato e giocoso ad una sfida competitiva e finemente bilanciata.

Non si trattava naturalmente di qualcosa nato per caso: Nintendo e Shigeru Miyamoto avevano infatti ben chiaro l’obiettivo di creare un’esperienza capace di mostrare due giocatori contemporaneamente, tagliando lo schermo a metà come alcuni giochi avevano già fatto in passato – penso a Pitstop II su Commodore 64 (Epyx, 1984) – ed altri ancora avrebbero fatto in futuro. Proprio in virtù dell’attenzione accordata all’aspetto del multiplayer, piste e livelli non potevano risultare complessi come quelli di F-Zero, una evenienza che in fin dei conti finì per giocare a favore di Mario Kart: la semplicità dei suoi circuiti rese il gioco squisitamente accessibile, anche per i principianti, e facile da imparare nelle sue componenti di base. Più difficile sarebbe stato padroneggiarlo completamente, secondo una regola di game design multistrato che Nintendo ha raramente (per non dire mai) tradito.
La cosa che più colpisce di Super Mario Kart, e sicuramente la ragione per la quale è stato così spesso e spudoratamente copiato, è che le parti di cui si compone sono così incredibilmente semplici.
EDGE – The 100 Best Videogames

Se ci pensate bene, Super Mario Kart ci ha dato l’occasione di ammirare per la prima volta i suoi personaggi in un titolo che non appartenesse al genere platform, e la loro trasposizione - così come quella delle loro storie, che in molti avevamo vissuto giocandole negli anni precedenti - in un contesto completamente nuovo è stata un successo straordinario sotto tutti i punti di vista, compreso quello a me particolarmente caro dello storytelling. Come già ricordato, nelle prime fasi di sviluppo non si era pensato di creare un gioco della serie di Mario, e sui kart erano stati sistemati dei generici omini in salopette come semplice punto di riferimento per gli otto programmatori all’opera. Alla prese con la creazione degli sprite, il team di Nintendo EAD decise all’unanimità che ogni personaggio avrebbe dovuto avere un’altezza pari a quella di tre teste impilate una sull’altra, perché ciascuno fosse facilmente identificabile dal giocatore anche quando visto di spalle, così come peculiare e riconoscibile sarebbe dovuto essere il mezzo che pilotava. Fu solo a tre mesi dall’inizio del lavoro che Nintendo decise di fare di questo gioco un titolo focalizzato sul mondo di Mario e sulle sue storie, proponendo una raffinata correlazione tra la guidabilità di ciascun veicolo, la mole del suo pilota e le caratteristiche meccaniche del mezzo. Fu per questo che al team di sviluppo furono fatti guidare veri kart e fu fatto costruire un kart telecomandato, affinchè si potessero trasferire sul video alcune delle intense sensazioni che questo sport può regalare.

Pur all’interno di una formula all’apparenza semplice, la casa di Kyoto trovò anche il modo di giocare e sperimentare in modo creativo con la conformazione delle piste: piccole scorciatoie, power-up, accelerazioni inaspettate facevano in modo che raramente una partita fosse uguale all’altra, mantenendo vivo quel Sense Of Wonder che per Miyamoto costituisce una sorta di stella polare per lo sviluppo di ogni esperienza interattiva. Ok, a guardarlo bene ogni circuito era giusto un tracciato con una linea del traguardo alla fine… ma partita dopo partita ci si rendeva conto che ogni elemento era stato pensato ed inserito proprio allo scopo di indirizzare il giocatore verso un passaggio segreto o un altro tipo di sorpresa. Questo accorgimento andò tutto a favore della longevità del titolo, ed è probabilmente uno dei motivi per i quali ancora oggi vengono organizzati dei tornei tra giocatori che competono nella modalità a tempo.



Parlando di Super Mario Kart non si possono naturalmente tralasciare gli effetti resi possibili dal celeberrimo Mode Seven, una meraviglia tecnica che offrì al gioco una presentazione grafica capace ancora oggi di stupire gli appassionati, seppur in modo diverso. Il Modo Sette permetteva agli sviluppatori di selezionare dei piani bidimensionali e di ingrandirli, rimpicciolirli oppure ruotarli liberamente e con eccezionale fluidità: inserendo su questi piani degli sprite ripresi da differenti angolazioni era dunque possibile creare un effetto 3D convincente ed innovativo. Rimanendo in tema di tecnologie, nella cartuccia di Super Mario Kart fu inserito per la prima volta il chip DSP-1, prodotto da NEC (a sua volta attiva nel mondo dei videogiochi con il PC-Engine, progettato insieme ad Hudson Soft e venduto in Giappone a partire dal 1987), che permetteva al motore di gioco di elaborare una maggiore quantità di dati in modo più semplice e veloce, grazie alla possibilità di effettuare calcoli in virgola mobile. L’implementazione di questo chip si rivelò fondamentale per l’intero ciclo di vita della console a 16 bit di Nintendo, al punto da diventare il componente più popolare nelle cartucce per Super Nintendo che sarebbero state prodotte da quel momento in poi.

Super Mario Kart ed alcolici: un amore contrastato

Direste mai che anche sull’innocuo Super Mario Kart si sarebbe abbattuta la scure della censura? Ebbene, sappiate che nella versione giapponese del gioco ogni personaggio ha un'animazione della vittoria nella cerimonia di premiazione che prevede un festeggiamento a base di champagne, un po’ come avviene in Formula 1. Bowser e Peach, nelle loro animazioni, lo bevono. Dal momento che questa immagine contrasta con la politica di Nintendo sull'uso dell'alcol ed è considerata inappropriata per i bambini, in tutte le versioni rilasciate fuori dal sol levante, Bowser e Peach lanciano semplicemente le bottiglie in aria... per poi riprenderle.

Giocare a SMK su Super Nintendo Classic Mini può essere una buona soluzione

Come giocare oggi a Super Mario Kart? Se non disponete di un Super Nintendo o Super Famicom, il titolo può essere scaricato su New Nintendo 3DS, Wii e Wii U, oltre ad essere stato incluso nella lista dei ventuno titoli pre-caricati sul Super Nintendo Classic Mini. Una soluzione alternativa può essere infine quella di giocarlo su emulatore: da questo punto di vista, un setup low-cost che preveda Raspberry Pi, Retropie, joypad uguale all’originale e divano potrà garantirvi enormi soddisfazioni, oltre all’immancabile effetto nostalgia.

Super Mario Kart conserva un posticino nel cuore di tanti appassionati per i ricordi che rievoca, per la programmazione innovativa ed ispirata, per il suo gameplay originale e per la sua affascinante direzione artistica. Ma forse il segreto non sta solamente in questo: fu l’idea che questo gioco avrebbe espresso il suo massimo potenziale in modalità multiplayer, riproponendo personaggi riconoscibili in mondi dei quali già conoscevamo le dinamiche e le storie (per aver giocato a Donkey Kong, a Super Mario Bros, a Super Mario World), a conferirgli per sempre un’importanza che trascende l’ambito videoludico, diventando un fenomeno che a distanza di ventisei anni è ancora possibile apprezzare dal punto di vista tecnico, sociale e culturale.

SEZIONE BONUS
SUPER MARIO KART: COSA GIOCARE IN ALTERNATIVA?

Super Mario Kart è stato il primo gioco di kart ad atterrare sulle nostre console, ma non è stato certamente l’ultimo! La pubblicazione di questo titolo ha permesso la nascita di un intero e nuovo genere, ed altri sviluppatori si sono messi alla prova nella (vana) speranza di rubargli il trono. Ecco una carrellata di alternative che, per un motivo o per l’altro, meritano almeno una menzione all’interno di questa retrospettiva.

CRASH TEAM RACING (NAUGHTY DOG, 1999)


L’ultimo gioco di Crash sviluppato dai talentuosi Naughty Dog (Uncharted, The Last of Us) è stato disegnato con la stessa attenzione alla rigiocabilità che ritroviamo in Crash 3: Warped, con gli sviluppatori che si sono dimostrati in grado di trasferire al mondo dei kart i pilastri fondamentali del game design: per questo motivo Crash Team Racing rappresenta sì un clone di Mario Kart, ma uno tenuto ancora oggi in grande considerazione. I controlli sono precisi ed i giocatori possono concentrarsi su velocità e divertimento, impossibile chiedere di più.

SONIC & SEGA ALL-STAR RACING (SUMO DIGITAL, 2010)


All-Stars Racing non reinventa certamente la ruota, ma tutto quello che fa lo fa bene. Il disegno delle piste presenta delle trovate originali e divertenti, che rendono l’esperienza di gioco complessa ma non confusionaria, rappresentando in modo degno e convincente tutto quello che un gioco di kart può fare. Le modalità multigiocatore e la presentazione grafica fanno di Sonic & Sega All Star Racing uno dei migliori giochi di kart della generazione di Playstation 3 e Xbox 360 ed il fatto che il gioco sia stato sviluppato da Sumo Digital, ai quali a mio parere spetta a pieno titolo un posto nell’olimpo della programmazione videoludica, è di per sé una buona garanzia per tutti coloro che fossero interessati all’acquisto.

SOUTH PARK RALLY (TANTALUS INTERACTIVE, 2000)


Nonostante il mancato coinvolgimento dei creatori della serie Trey Parker e Matt Stone, che anzi furono molto critici nei confronti dei giochi pubblicati da Acclaim, South Park Rally non era in fondo così male. Era tutto un po’ incasinato, ma nel suo genere si trattava di un giochino divertente, veloce e pieno di citazioni che i fan potevano divertirsi a scoprire. In più il multiplayer era davvero perfetto.

CHOCOBO RACING (SQUARE, 1999)


Chocobo Racing è, in parole povere, il gioco di kart di Final Fantasy: personaggi, ambientazioni ed oggetti sono infatti quelli che troviamo negli episodi della saga creata da Hironobu Sakaguchi, ed in particolare negli episodi che vanno dal primo per NES all’ottavo che avrete giocato su PlayStation. Siamo al cospetto del tentativo operato da parte di Square Soft di salire sul carrozzone dei kart games allora così in voga: le piste sono però noiosette e non danno una grande soddisfazione, e tutto il gioco in generale si rivela essere piuttosto facile.

LITTLE BIG PLANET KARTING (UNITED FRONT GAMES / MEDIA MOLECULE, 2012)


Little Big Planet Karting sembrava più un gioco della nota serie craft’em up che non una semplice esperienza di guida, tanto era l’accento posto da Media Molecule sulla possibilità di creare i propri tracciati, come nel precedente Mod Nation Racers (United Front Games / Sony Interactive Entertainment, 2010). Tuttavia si tratta di un incrocio non riuscitissimo, a tal punto che il giocatore ha l’impressione di non trovarsi davanti né ad un gioco di corse né ad uno che permetta di esprimere con meccaniche soddisfacenti la propria creatività.

LEGO RACERS (HIGH VOLTAGE SOFTWARE, 1999)


La presentazione luminosa, colorata e pulita del primo gioco di guida ambientato nel mondo di Lego è sicuramente impressionante, così come il design del suo mondo e delle piste sulle quali vi troverete a gareggiare: uno degli aspetti per i quali il gioco si ricorda più volentieri è però il suo motore fisico che, benchè rudimentale, permetteva a ciascuna macchina di comportarsi in modo davvero differente, contribuendo alla creazione di un’esperienza di gioco divertente, ambiziosa ed innovativa.

DIDDY KONG RACING (RARE, 1997)


Nonostante i personaggi ben animati, i colori brillanti e l’azione veloce, la modalità multigiocatore e la rigiocabilità di Diddy Kong Racing non hanno mai saputo mettere tutti d’accordo. Il gioco possedeva comunque un’eccellente modalità Avventura ed era davvero innovativo per la raffinatezza delle sue meccaniche, e sotto questi aspetti poteva anche avere la meglio sul suo diretto concorrente Mario Kart 64.

SONIC DRIFT (SEGA, 1994)


Pubblicato sul Game Gear, Sonic Drift era un titolo prodotto svogliatamente con il solo scopo di assicurarsi una fetta del mercato dei kart games. Opzioni di gioco limitate, solo quattro personaggi giocabili ed un layout noioso delle piste sono gli ingredienti sfortunati di un titolo che pare non aver compreso cosa due anni prima avesse reso Super Mario Kart così eccezionale.

Fonti:
FUTURE MEDIA | IMAGINE PUBLISHING | MARIOCASTLE.IT | NINTENDO.COM | WIKIPEDIA

lunedì 18 giugno 2018

Motorheadbangers Issue 35 - December 1992 (PDF Scan)


16 Pages | Table of Contents
  1. Editorial by Alan Burridge
  2. News
  3. Update on Fast Eddie Clark
  4. Discogupdate
  5. Review of the Motorhead videogame (from "Atari ST Review")
  6. Various drawings and postcards
  7. T-Shirt offer
  8. Ten pictures of the band and from the road

Motorheadbangers Issue 34 - August 1992 (PDF Scan)


20 Pages | Table of Contents
  1. Lemmy's handwritten editorial
  2. Original lyrics for "I Ain't No Nice Guy" (from the Album March ör Die, 1992)
  3. Original lyrics for "You Better Run" (from the Album March ör Die, 1992)
  4. Two articles by Wurzel
  5. News by Alan Burridge
  6. 24 pictures of the band and from the road

domenica 17 giugno 2018

RetroArch, RetroPie e retrogaming: il mio consiglio shader / overlay per le scanline su TV

Da appassionato di retrogaming sono morbosamente affezionato al mio Raspberry Pi, ed alla custodia NESPi a forma di Nintendo NES che ne protegge i 16 GB di titoli contenuti nel file-immagine presentato in questo video:


Come saprete, RetroPie è il nome di uno specifico setup di emulatori, interfaccia grafica e script: Retropie utilizza RetroArch come motore principale, Emulation Station come interfaccia grafica e gli script di cui sopra per elaborare alcune funzioni, come ad esempio gli aggiornamenti. Posto quindi che - sommariamente - RetroArch è il frontend per emulatori, motori di gioco e media player del quale si serve RetroPie, devo aggiungere che ad oggi non avevo ancora trovato al suo interno un effetto che riproducesse in modo convincente l'effetto delle scanline sul mio modesto TV Thes a 32 pollici. Ci sono diverse guide in Rete, anche ben fatte come quelle di RetroPie Italia, che suggeriscono metodi ed impostazioni per conseguire un convincente "effetto CRT", tuttavia si continuano a trovare nei vari forum diversi post di utenti scontenti. Mi sono quindi addentrato nei meandri di RetroArch sperimentando tutte le combinazioni possibili a disposizione dell'utente, fino a quando non ho trovato una soluzione semplice e davvero soddisfacente - benchè poco pubblicizzata, per non dire addirittura sconosciuta - per le mie esigenze di nostalgia videoludica.

Vi segnalo quindi come sono arrivato alla mia impostazione preferita. Una volta lanciato un qualsiasi gioco ed aperto il pannello per la configurazione di RetroArch, il percorso che ho seguito partendo dal MAIN MENU è stato: SETTINGS -> ONSCREEN DISPLAY -> ONSCREEN OVERLAY -> OVERLAY PRESET -> WII -> SCANLINE.CFG. Per rendere efficace e duratura la scelta, se vi soddisferà, ricordo inoltre di attivare l'opzione DISPLAY OVERLAY  (lasciandola su ON) e di salvare la modifica effettuata dal menu CONFIGURATIONS -> SAVE CURRENT CONFIGURATION prima di uscire dal menu di RetroArch e tornare a giocare. Qual è dunque la resa di questa maschera, scoperta all'interno del menu Wii? Ecco di seguito tre giochi, provati con e senza l'overlay:

Donkey Kong Country, 1994, con scanline

Donkey Kong Contry, 1994, senza scanline

Super Mario Bros, 1985, con scanline

Super Mario Bros, 1985, senza scanline

Splatterhouse, 1990, con scanline

Splatterhouse, 1990, senza scanline
E' possibile che la resa delle foto - che possono essere ingrandite per ottenere un maggiore dettaglio - non sia ottimale: inoltre, il grado di intervento dell'effetto sull'immagine (più o meno "invasivo") deve essere valutato sia sulla base del proprio gusto personale che della effettiva resa dello schermo sul quale giocheremo. Io in ogni caso vi suggerisco di provare questa semplice impostazione, perchè senza ricorrere a configurazioni complesse nè installare componenti aggiuntive ho ottenuto esattamente l'effetto che desideravo: buon retrogaming!

A Bucarest con Flixbus: la mia esperienza

Il nostro Flixbus da Bologna a Bucarest, qui in sosta alla stazione di Arad

Avendo avuto la possibilità di acquistare due biglietti Flixbus per l'Europa al costo di €05.99 ciascuno, attraverso una promozione della durata di poche ore segnalatami via email e via app, ho scelto di visitare Bucarest, capitale della Romania chiamata anche "la piccola Parigi". Prezzi degli ostelli particolarmente convenienti, orari gestibili ed ampia scelta di Free Walking Tour in loco mi hanno spinto a riempire il trolley alla rinfusa e partire per questa nuova esperienza di viaggio: ecco il resoconto di entrambe le tradotte!

DA BOLOGNA A BUCAREST

Quando all'autostazione di Bologna si avvicina un Flixbus dagli ingombri più "cittadini" che internazionali, comincio a ripetere sommessamente fa che non sia quello, fa che non sia quello, fa che non sia quello perché, dovendoci passare sopra ventisette ore, spero in un mezzo dalle aspirazioni Gran Turismo... Ovviamente, tanto l'avete già capito, il bus per Bucarest della linea 1928 è effettivamente quello un po' spartano che sta venendo proprio nella mia direzione. 

Bus ben tenuto, ma dotazioni e spazi sono entrambi un po' scarsi

Il bus è comunque un Mercedes e gli autisti sono entrambi impeccabili, almeno nella presentazione. Sono apparentemente il primo ed unico passeggero, per cui dopo un check-in fulmineo posso salire e scegliere il posto che preferisco senza problemi. Gli spazi, che ormai ho imparato a prevedere con una semplice occhiata dall'esterno, sono effettivamente esigui, del tipo che devi sperare di non condividere il posto con nessun altro, altrimenti addio ginocchia. 

Partiamo da Bologna in cinque o sei, la scelta dei posti è quindi piuttosto ampia!

I rivestimenti interni sono di un bel colore rosso e si presentano in condizioni impeccabili: c'è naturalmente il bagno ma, con mio sommo sgomento, mancano i poggiapiedi e le prese elettriche/USB in corrispondenza di ciascun posto. Non chiedo nulla agli autisti perchè in ogni caso non penso possano farci niente, ma noto una ciabatta (elettrica) con otto prese montata sul tetto della toilette per cui, con scatto felino, cambio posto e mi siedo proprio in corrispondenza del bagno. 

La "ciabatta" elettrica posta sopra al bagno

Così facendo potrò collegare il cavetto USB alla ciabatta, quello più lungo che ho portato, farmelo passare sulla spalla e godere - si fa per dire - di una presa quasi privata! Inoltre, una volta occupato il nuovo posto sulla fila di destra, mi accorgo che lo spazio per le gambe è molto superiore: consiglio quindi di guardarsi sempre in giro perché i posti non sono tutti uguali ed in questo è anche possibile reclinare di qualche grado lo schienale senza disturbare nessuno. Benedetti siano dunque questi viaggetti, e con loro le piccole intuizioni che l'arte di arrangiarsi ispira, soprattutto in noi italiani. 

Le fermate intermedie saranno ben quattordici, ma per fortuna dalle 21:00 (Trieste) alle 04:30 (Budapest) di domattina non sono previsti stop, per cui una volta trovata "la posizione" si potrebbe sperare di dormire qualche ora. A pochi minuti dalla partenza si presentano tre ragazze rumene, relativamente piacenti, ed in un certo senso sono contento di non cominciare il viaggio da solo. Partiamo puntualissimi alle 16:40, sotto il sole ormai estivo di Bologna, mentre la radio ci accompagna con un pop tipicamente vacanziero e l'aria condizionata rinfresca, senza infastidire. Alle 16:43 tento di aprire il tavolino situato davanti al mio posto, e si stacca un pezzo di plastica (che appariva già compromesso, giuro): decido allora di fare finta di niente, non fare altri danni e riporre comodamente le mie cose sul sedile di fianco. Dopotutto, penso, con due autisti e quattro passeggeri, lo spazio per allargarci un po' non ci manca.

Dopo qualche critica - ricordo comunque che il viaggio è costato solo 5.99€ grazie ad una promo a tempo apparsa qualche settimana fa sulla app di Flixbus - spezziamo la proverbiale lancia a favore del Wi-Fi, che pare funzionare a dovere una volta effettuato il login. Aspetto l'ingresso in autostrada per allacciare le cinture, metto Spotify in modalità offline (perché se si esagera con lo streaming Flixbus chiude i rubinetti della singola connessione) e mi preparo a godermi il viaggio, mentre il terzo autista a bordo raggiunge le connazionali in fondo al bus per qualche amabile chiacchiera (le ragazze sembrano turbate per una spinosa questione relativa ai biglietti, a quanto mi è dato comprendere, e qualcuna viene già a ricaricare il telefono nella ciabatta di cui sopra, senza silenziare le notifiche...). 

A testimonianza dell'esistenza di un Flixbus "a due velocità", per quanto riguarda dotazioni e livelli di servizio, su questo autobus non viene riprodotto alcun messaggio di benvenuto, né gli autisti si preoccupano in questo senso. Va comunque detto che la marcia è confortevole: il bus scorre liscio (se solo ripenso alle vibrazioni del viaggio da Francoforte a Bologna...), la guida é moderatamente brillante (qualche suonata di clacson, qualche sorpasso impaziente, qualche brusco cambiamento di corsia) e l'atmosfera a bordo - complici le continue risate delle rumene - tutto sommato piacevole. Dopo un ingorgo in autostrada dovuto ad un'auto in fiamme, durante il quale approfitto per scoprire che davanti al bagno c'è un passaggio segretissimo che conduce ad una cuccetta con letto e trapunta, lasciamo uno degli autisti nella lussureggiante Roverdicre (frazione davvero verde in provincia di Rovigo) e ripartiamo tranquilli. A Mestre salgono due ragazzi, per cui il conteggio dei passeggeri giunge a quota sei! A Trieste - città bellissima - sale qualche persona in più, ma credo non siamo più di dodici/quindici. Io accendo il fidato Nintendo DSi XL e gioco a New Super Mario Bros ed Elite Beat Agents fino alle 23 circa, quando gonfio il cuscino e tento il riposino. 

Il bilancio, arrivati a Budapest di primo mattino, é dolceamaro: positivo perché lo spazio a disposizione nel mio posto, il buio ed il discreto silenzio a bordo avrebbero teoricamente dovuto favorire il sonno, e negativo perché in realtà mi sono ritrovato a cambiare posizione ogni trenta minuti ed il computo finale del dormito è fin troppo esiguo per essere effettuato. In ogni caso, mentre dal sole di Budapest ripartiamo in sette/otto, penso di poter dire che anche in questo caso l'esperienza di viaggio su gomma - chiudendo un benevolo occhio sulle continue notifiche che arrivano sui cellulari delle amiche rumene - é soddisfacente. Mentre, ripartiti dalla capitale ungherese, leggo qualche notizia del nuovo governo su Tgcom mi si siede per un attimo accanto un ragazzo orientale (Cina, o forse Singapore) dai modi leggermente effeminati e straordinariamente petulanti, che viaggia l'Europa ed é diretto dalla Polonia a Bucarest. Ci mette tre ore ad esprimersi in un inglese inutilmente ricercato per domandarmi perché il bus è arrivato a Budapest con quaranta minuti di ritardo ed io, ancora assonnato ed in condizioni impresentabili (sono ancora senza scarpe, per favorire la circolazione) ci metto altrettante ore per balbettare con bocca impastata che un piccolo ritardo del genere, forse dovuto alla macchina incendiata in autostrada a Bologna, non lo deve preoccupare. Magari, mi dico, non appena mi sveglieró e riuscirò a darmi una rinfrescata in autogrill, potremmo anche scambiare qualche chiacchiera più compiuta. In realtà questo non succederà, ed il mio amico  - che per convenzione chiameremo Kim - verrà al contrario preso di mira da alcuni ragazzi rumeni saliti successivamente, che si divertiranno a prenderlo in giro (senza che io mi curi di intervenire in sua difesa) fino all'arrivo a Bucarest.

Il petulante Kim scruta l'orizzonte...

Mi meraviglia che nessuno abbia ancora utilizzato il bagno: mi chiedo se per caso gli autisti, che non hanno pronunciato una sola parola non in un rumeno, non abbiano per caso avvisato le connazionali di un qualche malfunzionamento. Superiamo senza intoppi il confine tra Ungheria e Romania, mentre un sole estivo e distese di verde continuano ad accompagnare l'avanzare tranquillo delle nostre ruote. Il ragazzo cinese, che quasi quasi sembrerebbe più coreano (dicono "Kim", quando gli controllano il passaporto) alza - con fare irritato & irritante - la voce contro una delle rumene che più che parlare al telefono urla, quasi volesse farsi sentire da tutti i passeggeri. Ben fatto, Kim! 

Corre anche l'obbligo di segnalare, mentre ripartiamo dalla rustica autostazione di Arad, i frequenti diverbi - sempre in rumeno stretto - che continuano a tenere periodicamente banco tra gli autisti ed una in particolare delle colorite passeggere, credo per una faccenda di peso o dimensioni del bagaglio: continueranno a rinfacciarsi qualcosa mandandosi a quel paese fino alla fine del viaggio. L'unica stazione nella quale sale un po' di gente é Sibiu (strada Europa Unita) nella quale arriviamo puntuali a metà pomeriggio sotto un solleone praticamente agostano. Spero, detto tra noi, che una volta arrivati nel centro della capitale il tenore possa un pochino elevarsi... perché anche la clientela di Sibiu non mi fa ben sperare in questo senso, compresa una ragazza dall'aspetto trascurato che non smetterà mai di parlare, da sola. In compenso sarà l'unica ad accorgersi che stiamo ripartendo da Brasov dimenticando qualcuno... 

Per i feticisti del piede, Flixbus può costituire un'alternativa stuzzicante.

Nessun conteggio delle persone alle ripartenze, nessun messaggio ai passeggeri che non fosse in rumeno, piedi nudi ed infradito che fanno spontaneo capolino i sedili: partito "neutrale" da Bologna, il viaggio si è progressivamente trasformato in una specie di film di Kusturica in 4D, che ha coinvolto tutti i nostri sensi. Come ha scritto qualcuno, su Flixbus ce n'è sempre almeno uno (di tipi strani), e bisogna metterlo serenamente in conto. Allo stesso tempo, tranquillizzo il lettore evidenziando come raramente si tratti di circostanze in grado di impattare in modo forte ed inevitabile sul proprio viaggio: nella maggior parte dei casi basterà badare a se stessi ed infilare un paio di auricolari nelle orecchie per isolarsi da notifiche selvagge, nasi che tirano su, toni di voce inspiegabilmente alti ed altri esempi di maleducazione minore quanto diffusa. Per gli odori, invece, assuefazione e conseguente capacità di sopportazione saranno le uniche prospettive realistiche alle quali votarsi. Attraversando i paesi della campagna rumena si compie un vero e proprio viaggio nel viaggio, anche nel tempo: non è infrequente imbattersi in cani randagi e galline che razzolano per le strade, mentre si notano ovunque cartelli  con le scritte "VULCANIZARE" ed "ECHILIBRARE", per cui se vi servisse un gommista sappiate che a queste latitudini non avrete problemi a trovarne più di uno. Facendo un recap finale di questo primo viaggio, devo dire che tutto si è svolto in modo tranquillo, ordinato e puntuale: le pause sono state frequentissime, l'ambiente a bordo si è rivelato sufficientemente vivibile e, nonostante l'incomunicabilità con gli autisti, ho avuto la percezione di viaggiare sempre sicuro. Valgono naturalmente le raccomandazioni che ho sempre formulato nel corso dei miei modesti report (prima delle quali: rimanere sempre vigili ed informati durante un viaggio in autobus), ma per meno di sei euro non penso fosse onesto nemmeno immaginare di chiedere di più. Ultimo consiglio per chi arrivasse per la prima volta alla stazione dei bus di Bucarest (autogara Militari) ed avesse necessità di spostarsi con i mezzi: Uber è la scelta migliore e più sicura, conoscerete in anticipo il prezzo della corsa, non correrete il rischio di affidarvi a tassisti furbi o peggio ancora abusivi, non dovrete ricorrere all'uso di contanti e con un po' di fortuna vi capiterà anche un driver parlante inglese (o italiano) pronto a darvi qualche informazione utile per il vostro soggiorno.

DA BUCAREST A SIBIU

Già presentarsi alla stazione dei bus di Bucarest alle due del mattino, trovandola chiusa e semideserta non é il massimo... se in più si viene invitati a salire su un autobus diverso ed avvisati che si dovrà prendere una coincidenza in una sperduta città rumena (nonostante il mio biglietto indicasse chiaramente che il viaggio sarebbe avvenuto senza cambio), beh, diciamo che non partiamo col piede giusto. Almeno non piove, già. 

Il bus da Bucarest a Sibiu: ma non doveva essere un viaggio "senza cambio"?!?

Unico ad attendere il bus diretto a Bologna/Napoli, vengo avvicinato da un inserviente dell'Autogara Militari che mi invita con gentilezza a seguirlo fino al bus per Rennes. L'autista, che fortunatamente parla inglese, ha in effetti il mio nome in lista e - notando la mia perplessità - mi rassicura dicendo che troverò il "mio" bus a metà mattina presso la stazione di Sibiu, in strada Europa Unita. Non avendo un biglietto per questa tratta con relativo itinerario, non ho la minima idea di quando arriveremo in questa città, per cui anche i riposini, per quanto sempre difficili ed infrequenti, dovranno cedere il passo ad un atteggiamento sempre vigile per non perdere la fermata giusta. Ed inoltre, mi chiedo: se non avessi ordinatamente atteso il mio bus proprio in corrispondenza dello stallo per Napoli, e mi fossi seduto su una panchina qualche metro più in là, magari meno visibile ed illuminata... come avrebbero fatto a trovarmi, riconoscermi ed avvisarmi dell'improvviso cambiamento di programma? Il mistero, pur con tutto il bene che voglio alla società tedesca, è inquietante nel senso più letterale del termine. Dispiaciuto per non essere stato avvisato da Flixbus in merito a questa eventualità (il pensiero va sempre agli anziani ed alle persone meno abituate a viaggiare, le quali questi cambiamenti di programma potrebbero diventare causa di incertezza ed apprensione, nonchè produrre disagi gravi ed oggettivi), salgo rassegnato sul bus per Rennes e prendo posto al secondo piano. Per fortuna il mezzo é bello e nuovo, lo spazio ragionevole, il Wi-Fi funzionante con la disponibilità, mai vista fino ad ora, di un fornito mobiletto-frigobar situato al piano inferiore. Purtroppo in corrispondenza del mio posto non c'è traccia di prese elettriche né USB: benedico ogni volta il mio powerbank da 20.000 mAh che mi libera dalla schiavitù delle prese e delle ricariche. L'autista appare molto professionale, anche nella verifica dei nominativi dei passeggeri prima della partenza, per cui scelgo di mettermi il cuore in pace e godermi per quanto più possibile il viaggio (almeno quello fino a Sibiu!), notifiche dei cellulari rumeni permettendo... come cavolo fanno, rumeni e non, a non capire che basterebbe sostituire per qualche ora la vibrazione alla suoneria per rispettare un po' di più gli altri viaggiatori?!? Quanto mi manca la Scandinavia, quanto mi manca... 

Partiamo dunque, ed ovviamente non viene trasmesso alcun messaggio di benvenuto: le indicazioni dell'autista, per contro, sono solo in rumeno, per cui anche in questo caso c'è poco da raccontare. La guida è del tipo extra-rilassante, il bus sembra procedere su rotaie ed é anche molto silenzioso, quasi fosse elettrico. Mentre comincia ad albeggiare, apro Google Maps per localizzare Sibiu: siamo a circa 265 kilometri, per cui non dovrebbe volerci molto prima di fare questo benedetto cambio e toglierci il pensiero una volta per tutte. Il viaggio procede in effetti molto tranquillo fino alla mia stazione di destinazione, dove l'autista si ricorda del mio cambio venendomi quasi incontro al momento di consegnarmi il bagaglio: con altrettanta gentilezza mi indica poi il terzo Flixbus posteggiato della piazzola, ovvero quello che finalmente mi porterà - speriamo senza ulteriori fuoriprogramma - nell'amata Emilia-Romagna.

DA SIBIU A BOLOGNA

Il livello di questo secondo bus è buono: gli spazi sono più che discreti, i sedili hanno una tappezzeria morbida, la rete Wi-Fi funziona bene (così come l'aria condizionata, sparata a manetta), ci sono due schermi LCD, il bagno, un totale di cinque persone a bordo e soprattutto delle mini-ciabatte elettriche montate sopra ogni coppia di sedili (nonché la maxi-ciabatta posta "sul tetto del bagno", come in occasione del viaggio di andata). Si tratta di una soluzione forse poco elegante ma almeno pratica, sempre che cavo e presa una volta collegati non ti ricaschino sulla testa per il troppo peso o per la lunghezza insufficiente del cavetto USB, che manterrebbe il dispositivo da ricaricare in un precario stato "a penzoloni" tra un passeggero e l'altro. In ogni caso le prese ci sono ed è già qualcosa, il problema di come utilizzarle - o non rimanerne vittime - verrà in un secondo momento. 

Il bus da Sibiu a Bologna: da notare le ciabatte elettriche avvitate sopra ai sedili!

Fa comunque piacere notare come le società consorziate - il nome di questa rumena non é riportato nella porta anteriore, come di solito avviene - facciano il possibile per offrire ai viaggiatori il pacchetto standard offerto da Flixbus, nella sua completezza. Qualcuna ci riesce in scioltezza, altri ci sono quasi, altri ancora arrancano più per apparente disinteresse che per limitazioni tecniche. Io reclino il tavolino per metterci sopra telefono, powerbank e Nintendo DSi XL, ed alle 10:42 la piccola e silenziosa combriccola può mettersi finalmente in movimento. Calcolatrice alla mano, realizzo che sono all'incirca 13.715 i kilometri percorsi via bus sulle strade d'Europa, dal 26 Marzo scorso: posso dunque inserire un "Master in Flixbus" nel mio CV? La domanda sorge sotto il diluvio nei pressi della cittadina di Deva, dove ci fermiamo per una pausa nei pressi del ristorante McDonald's, mentre il bus si popola ed io perdo la mia indipendenza, quando un rumeno tatuato tabagista ed affannato mi si siede di fianco. Mi addormento sulle note di The Boy Does Nothing di Alesha Dixon, trasmessa alla radio. 



Il viaggio procede tranquillo, benché in solo rumeno: sulle strade non c'è traffico e gli autisti riescono a presentarsi costantemente in anticipo presso le singole fermate, circostanza che permette ai viaggiatori di sgranchire le gambe, approfittare di toilette a terra ed acquistare qualcosa presso le stazioni di servizio o alcuni banchetti più o meno improvvisati che si incontrano con regolarità. Tante persone scendono ad Arad, per cui proseguiamo verso Budapest in numero ridotto. Io torno nuovamente e felicemente "single", per cui posso sistemarmi un po' più comodo occupando entrambi i sedili. Dopo una lunga fila per il controllo dei passaporti ci fermiamo in un autogrill ungherese, dove compro dei crostini al gusto pizza, un' acqua alla mela... ed un'acqua e basta. Dopo venti minuti ci rimettiamo in movimento alla volta di Budapest, che sarà la nostra ultima tappa estera prima del rientro in Italia. Ora sul bus si sta davvero bene, tutti sono rifocillati e silenziosi, qualcuno guarda il sole che tramonta dietro le nuvole, io penso alla configurazione da adottare più tardi per provare a riposare ed attivo Shazam per conoscere il titolo di una allegra canzone rumena che accompagna perfettamente il mio stato d'animo rilassato. Buon ascolto!




Alle 21:30 ripartiamo da Budapest, con tanto di proiezione di film su doppio schermo (Bright, quello con Will Smith che fa il poliziotto insieme ad un collega alieno tutto blu) accompagnato dal folk rumeno che cola dagli altoparlanti senza soluzione di continuità. Gli autisti si fanno anche un caffè con una macchina segretissima nascosta in un vano davanti al bagno ma a noi non offrono niente, per cui non possiamo fare altro che fingerci disinteressati come la volpa e l'uva e prepararci per la nuttata. Mentre costeggiamo il romantico Danubio mi tolgo le scarpe e mi faccio un risvolto della parte più alta del calzino sul piede, manovra brevettata per contenere gli odori più "sportivi" (Nike, nel mio caso). Rigonfio il cuscino Rainaco comprato su Amazon, mi stendo la giacca della tuta a mo' di copertina  e - soprattutto, manovra segreta - separo i sedili in senso orizzontale quanto più possibile per aggiungere cinque o sei preziosi centimetri al mio "letto": questa volta il risultato è assicurato, perché riesco a dormicchiare fino a quando non veniamo svegliati per il controllo dei passaporti da parte della polizia slovena. Ci fermiamo per una pausa di quindici minuti e ne approfitto per ricompormi, anche perché mi sono svegliato raggomitolato come un gatto e sento il petto indolenzito. In ogni caso non c'è motivo per non confermare lo stesso setup anche per la seconda parte del viaggio. Senza che quasi mi accorga di nulla, perchè abbandonato in un piacevole torpore, effettuiamo le fermate di Trieste, Mestre e Padova, ed é davvero bello scoprire, provando ad aprire gli occhi inevitabilmente stanchi ed appiccicaticci, che siamo già diretti a Bologna!

Bonus Tip: se le vostre cose continuano a cadere dai tavolini, assicuratele con un elastico!

Se escludiamo la sorpresa del cambio non preventivato, devo dire che anche questo viaggio di ritorno si è svolto in modo tranquillo e ragionevolmente riposante: guida tranquilla, frequenti soste, panorami suggestivi... insomma, le ore sono come sempre volate ed anche se la durata del viaggio può essere fisicamente impegnativa, i soliti accorgimenti affinati nel corso degli ultimi viaggi si sono rivelati efficaci per macinare kilometri senza alcun tipo di (grave) disagio. A conti fatti posso archiviare un'altra piacevole esperienza contraddistinta dai colori sgargianti di Flixbus: torno a casa contento e soddisfatto, ed anche questa volta non passano che poche ore prima che apra di nuovo la app per pensare alla prossima destinazione.

martedì 5 giugno 2018

A Vilnius con Lux Express: la mia esperienza

Non avevo mai viaggiato prima d'ora con Lux Express, una compagnia che invece bisogna tenere in grande considerazione se si vuole compiere un'esperienza di viaggio unica per comfort e dotazioni (almeno per quanto riguarda il trasporto su gomma) e se interessano le destinazioni baltiche servite dalla sua moderna flotta


Mai viaggiato su un bus così moderno e confortevole!

L'impatto con Lux Express è ottimo, il bus da un punto di vista estetico supera a mani basse ogni altro veicolo in transito per le strade della stazione di Varsavia (e non solo) ma sono soprattutto gli interni ad impressionare: ricevuto dal secondo autista l'adesivo per il ritiro del bagaglio una volta giunti a destinazione, mi accoglie un interno vuoto e nuovissimo, con colori moderni (nero, grigio, rosso), bottiglietta di acqua gratis per ogni passeggero, sedili super spaziosi, utilizzo gratuito ed illimitato della macchinetta per le bevande calde, bagno, Wi-Fi e soprattutto tablet personale airplane-style con intrattenimento di bordo (film, telefilm, musica), navigazione Internet, videogiochi e meteo!

Spazio, intrattenimento, servizi gratuiti: viaggiare con Lux Express è davvero uno spettacolo.

Una volta partiti ed allacciate le cinture (è notizia di oggi l'incidente di un Flixbus operato da Bus Company nei pressi di Udine) ed avviata la polleggiata visione del film Birdman, che avrei voluto vedere da un po' di tempo, carichiamo alla primissima fermata una coppia di anziani che sostiene di doversi sedere al mio fianco. All'inizio li respingo con decisione, perché sicuro di sedere nel posto che avevo selezionato su Internet al momento dell'acquisto del biglietto... poi arriva l'autista il quale mi fa gentilmente notare che il mio sedile si trova nella fila posteriore! 

Dispiaciuto e imbarazzato, raccatto telefono, cuffie e zaino per spostarmi... salvo accorgermi che il mio posto - quello vero - risulta già occupato da una avvenente bionda semi-addormentata, con tanto di cuffie in testa. Per non disturbare, ed in preda ai sensi di colpa per l'arroganza con la quale avevo difeso il mio posto nei confronti degli anziani, mi siedo "per punizione" nel sedile a fianco (io ODIO il lato corridoio, per dire), sperando che nessuno nel corso del viaggio reclami proprio quello spazio.

Il sistema di intrattenimento a bordo di Lux Express

Non poter guardare direttamente fuori dal finestrino è un po' una palla, ma tutto sommato sto davvero comodo e mi prometto di fare chiarezza con la signorina non appena arriverà l'occasione utile. Questo non é il Vietnam, dopo tutto, e ci sono delle regole! (cit. Il Grande Lebowski). L'occasione non arriverà, perchè la bionda riprenderà conoscenza pochi minuti prima della sua fermata di arrivo, ma ciò non toglie che il viaggio a bordo di Lux Express sia stato incredibilmente piacevole e confortevole: non solo l'ambiente è in un certo senso elegante, ma si ha anche l'impressione che l'esperienza dei passeggeri sia sempre tenuta in considerazione dagli autisti, essi stessi impeccabili tanto nella guida quanto nel porsi nei confronti del cliente. Il prezzo poi mi sembra assolutamente concorrenziale (€10.00 da Varsavia a Vilnius), per cui davvero spero di avere l'occasione di visitare nuove capitali (penso a Riga, Tallinn, Helsinki e persino Mosca!) accompagnato da questa eccellente compagnia.