venerdì 28 dicembre 2012

Recensione cuffie PANASONIC RP-HTF890


Avendo da sempre nutrito una viscerale ammirazione per il marchio Panasonic, che a mio parere incarna alla perfezione doti ideali di basso profilo, innovazione-per-gradi ed affidabilità, mi sono interessato alle cuffie vendute dal produttore giapponese (Matsushita) sotto questo marchio, senza considerare altri prodotti - generalmente indirizzati alla categoria dei DJ - venduti invece sotto il nome Technics. Ho quindi trovato su alcuni forum e su Amazon dei commenti positivi sulle RP-HTF890, cuffie che hanno costituito per alcuni anni uno dei modelli di riferimento per il marchio. Le cuffie non sono di facile reperibilità (io le ho acquistate qualche tempo fa su eBay) ma è tuttora possibile ordinarle su Overstock.com all’indirizzo http://www.overstock.com/Electronics/Panasonic-RP-HTF890-Headphone/5993790/product.html al prezzo di €52.04 più spese di spedizione ed eventuali dazi doganali.


Le HTF890 si presentano in una confezione di classe, che sembra farne emergere l’immagine da una soffusa ed elegante penombra: in evidenza troviamo la scritta “Pro Monitor Series”, che ne indica la natura “Monitor” e la larghezza dei driver al neodimio utilizzati, con un “50mm” che spicca nella parte inferiore destra. Nella parte laterale della confezione ritroviamo gli stessi dati, completati dalla fotografia del connettore jack placcato in pregevole oro 24k, mentre il retro della scatola ospita una tabella in ben diciassette lingue con le caratteristiche tecniche principali del prodotto. Tre fotografie sottolineano l’impiego di un cavo rivestito in tessuto (che evita la formazione di fastidiosi grovigli), il comfort offerto dai cuscinetti auricolari e l’ingegnerizzazione dell’archetto superiore, che ne permette l’autoregolazione sulla testa dell’ascoltatore. 

Questi invece le specifiche tecniche:

Impedenza 50 Ohm
Sensibilità 105 dB
Risposta in frequenza 5 - 30.000 Hz
Peso 280 grammi

Si tratta di dati molto interessanti, soprattutto se correlati al prezzo di vendita, per cui la prova è tesa innanzitutto a valutare con quale carattere questi freddi dati verranno tradotti in musica. Una volta impugnate, le HTF890 trasmettono un’ottima impressione di solidità: ben assemblate e dall’aspetto sobrio nella loro colorazione argentata, le cuffie presentano alcuni elementi estetici di pregio, come i profili circolari cromati, i padiglioni in tessuto ben foderati ed il velluto utilizzato per rivestire l’archetto. Il peso appare adeguato per il tipo di cuffia e non sembra gravare troppo sulla testa dell’ascoltatore: il contatto tra altoparlanti ed orecchie appare ottimo, con i padiglioni auricolari che vengono avvolti completamente senza che venga effettuata su di essi una pressione eccessiva, a riprova di un meccanismo di autoregolazione che pare funzionare davvero a dovere. 

Per testare il suono delle Panasonic utilizzo come d’abitudine un setup low-cost composto da un notebook Compaq 6720s, equipaggiato con il chip AD1981HD di Analog Devices e Windows Media Player 11: l’amplificazione del segnale in uscita è invece affidata ad un amplificatore per cuffie marcato Miridiy, che utilizza un doppio canale digitale/analogico, grazie alla presenza di una valvola di tipo 6N11/ECC88 recentemente sostituita. Il battesimo (di fuoco) delle HTF890 avviene - appena estratte dalla scatola e senza che sia stato effettuato alcun periodo di burn-in - con un paio di brani tratti da Somewhere In Time, album pubblicato dagli Iron Maiden nel 1986 che si contraddistingue per le sonorità particolarmente moderne e cristalline. L’impatto con il file M4A di Heaven Can Wait non è però dei migliori, a causa di una riproduzione fredda, che restituisce in modo scolastico le varie frequenze senza che venga creata una convincente immagine di insieme. Laddove le mie Superlux HD668B di riferimento riuscivano a creare una scena sonora coesa e credibile, pulsante e senza apparenti “buchi” di frequenza, le Panasonic esaltano separatamente i piatti della batteria, le chitarre di Murray e Smith ed il basso di Harris, completando il quadretto in un modo che si potrebbe definire algebrico. Le frequenze medio-basse godono di una resa accentuata e meglio definita: le chitarre suonano brillanti e molto presenti, contemporaneamente veloci e musicali, fuse in modo armonioso con l’instancabile basso di Harris. I colpi sulla cassa di Nicko McBrain tendono invece a perdersi nella confusione generale, ed anche il lavoro jazzistico sui piatti viene riprodotto in modo artificioso, con una resa talvolta sibilante. 

Risultati più incoraggianti arrivano da Man On The Edge (The X Factor, 1995) con un tormentato Blaze Bayley alla voce: i suoni veraci del disco e la nasalità del cantato vanno più volentieri a braccetto col carattere adulto delle cuffie, che restituiscono un’immagine meno vivida e per questo più coerente con le atmosfere notturne (esemplare la bellissima 2 A.M.) del sottovalutato disco dei Maiden. Con Empire dei Queensryche (1990), riprodotto da CD, le cose vanno decisamente meglio: le Panasonic sembrano infatti riprendersi brillantemente dall’avvio sottotono con una performance senz’altro più compatta e coerente. Il miglioramento è evidente nella maggiore autorità ritmica riconosciuta alla batteria e nel ritrovato feeling della voce, mentre rimane soddisfacente il modo con cui i suoni di chitarra si fondono nel sottobosco con quelli del basso. Alla parte, da sempre molto suggestiva, in cui sulla scena ci sono solo batteria, chitarra e voce effettata manca solamente una resa cristallina degli alti (charleston chiuso, in particolare) per un risultato che possa davvero superare le aspettative: in Hand On Heart le Panasonic dimostrano infatti di sapere come regalare corpo e spessore, senza distorcere anche quando sollecitate a volumi più impegnativi. Il suono gode di una buona sensazione di spazialità, con le chitarre che in questo brano sembrano provenire - con discrezione - da distanze più lontane rispetto al punto d’ascolto. 

Attenuare l’uscita delle frequenze più alte, operando un volontario “taglio” che sia il più delicato e ponderato possibile, contribuisce a migliorare la prestazione delle cuffie: il suono che si ottiene è meno brillante e leggermente più opaco, ma affatica meno e trasmette una sensazione di maturità che dopo alcuni ascolti si riesce ad apprezzare, perchè più in linea con l’ambizioso carattere di queste cuffie. Costruite in Cina, le HTF si apprezzano maggiormente quando sollecitate (poco) con atmosfere più soffuse, come Gangster Blues dei Mattafix: in questi casi si apprezza la coerenza musicale della resa, la mancanza di distorsione, la pienezza e la discreta spazialità dei suoni, senza che ci si debba aspettare quell’esplosione alla quale la Panasonic paiono refrattarie. Twist In My Sobriety di Tanita Tikaram è la canzone perfetta per esemplificare il concetto, con il suo incedere allo stesso tempo fascinoso e cantilenante. Il quadro sonoro è sufficientemente profondo da risultare credibile, il tappeto di tastiere è presente senza irruenza, e gli alti smorzati cedono volentieri alla voce le fioche luci della ribalta. Il basso elettronico di Push And Shove dei No Doubt (CD, 2012) è misurato e musicale, potente senza sopraffare le voci ed i numerosi effetti che colorano ogni momento della canzone: la riproduzione di questo pop appare corretta pur senza coinvolgere eccessivamente, a causa di una dinamica compromessa che non permette al suono di spiccare il volo al momento del ritornello come, se non altro per debolezza dell’animo umano, si vorrebbe. Le voci nel finale tendono a stratificarsi appiattendosi, confermando una gestione meccanica, poco femminile, dei momenti più colorati: la voce di Gwen Stefani in Easy suona nasale e parzialmente inespressa (proprio come quella di Cesare Cremonini ne Il Comico), con gli echi che si affievoliscono sul fondo come se le Panasonic non riuscissero ad abbracciarne lo spettro e comprenderne l’intensità emotiva. 

Gli effetti della “sottrazione” operata dalle RP-HTF890 si fanno più evidenti nelle canzoni che dovrebbero poter contare su linee melodiche più sinuose, come Heaven: una riproduzione poco attenta al feeling di questi brani ne penalizza sicuramente l’emozione espressa, introducendo un’elaborazione, una distanza tra musica ed ascoltatore che rende più difficile perdersi tra le note. Le Superlux HD668B riescono ad abbandonarsi con maggiore facilità al flusso, regalando una performance forse più ingenua e meno controllata, ma fresca e piacevole sia sotto il profilo del trasporto quanto quello della pura spontaneità. Il suono delle Superlux è vibrante e riesce ad aprirsi, stimolando una sorta di compiaciuto e complice sorriso, laddove quello delle Panasonic prosegue per la propria strada nonostante le giovani sollecitazioni di Suburban Knights degli Hard-Fi, The Showdown di Allen-Lande e My Twin dei Katatonia, secondo un compassato concetto di riproduzione monitor persino troppo intransigente. 

I racconti di What I Am (Edie Brickell, 1988) mettono a maggiore agio le HTF, che ne assicurano una trasposizione fedele e misurata, senza eccessi: nè troppo femminile nè troppo dinamica, nè tantomeno ammiccante, la canzone suona come un insieme coerente ma fine a se stesso, come se alla bravura dei musicisti fosse stata - è un’espressione un po’ forte ma che rende l'idea - tolta l’anima. 

Ripromettendomi di concedere un secondo e terzo ascolto alle RP-HTF890, dopo averle rodate per qualche decina di ore con la speranza di renderle più accondiscendenti, devo però rilevare come questa prima valutazione si concentri sulla discrepanza tra le specifiche tecniche di queste cuffie e la loro effettiva resa alla prova dei fatti. Le cuffie di Panasonic hanno infatti un carattere ben preciso che, in virtù del tanto sbandierato carattere monitor, le rende poco disponibili a concedersi alla musica, seguendone lo scorrere e partecipandone ai moti. Al contrario, queste cuffie tendono a suonare sempre eccessivamente misurate in rapporto al dettaglio - solo discreto, per quanto riguarda soprattutto le frequenze medio/alte - offerto dalla coppia dei pur generosi trasduttori. Presentazione del prodotto, cura costruttiva ed ambizione non vanno insomma di pari passo con una riproduzione corretta ma che non entusiasma, per l’incapacità delle HTF890 di cogliere ed esaltare il dettaglio con intelligenza ed umanità insieme.

PRO
- Ottima presentazione del prodotto
- Assenza di distorsione anche a volumi elevati
- Riproduzione coerente e senso di autorità

CONTRO
- Ambizioni eccessive per la fascia di prodotto
- Dettaglio e dinamica poco convincenti
- Musicalità solo con certi generi

VOTO 68/100

Microrecensione | PSILOCYBE LARVAE - THE LABYRINTH OF PENUMBRA


Psilocybe Larvae
Russia
http://psilocybe-larvae.com
THE LABYRINTH OF PENUMBRA
2012
Dark/doom/deathster...
...ma almeno creativo
[4/10]


Microrecensione | ZEROKING - KINGS OF SELF-DESTRUCTION


Zeroking
USA
www.reverbnation.com/zeroking
KINGS OF SELF-DESTRUCTION
2012
Modern Rock
Rock con una cattiveria che non guasta
[6/10]

Microrecensione | SAMANTHA JADE - SAMANTHA JADE


Samantha Jade
Australia
www.samanthajadeofficial.com
SAMANTHA JADE
2012
Pop
Pop elettronico nobilitato da "Stronger"
[5/10]

Microrecensione | VV.AA. - PUNK GOES POP VOLUME 5



VV.AA.
USA
www.fearlessrecords.com
PUNK GOES POP VOLUME 5
2012
Punk
Famose e reinterpretate con gusto
[6/10]

Microrecensione | BANG TANGO - FROM THE HIP


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Bang Tango
USA
www.reverbnation.com/bangtango
FROM THE HIP
2006
Hair Metal
Sorprendentemente solido
[5/10]

lunedì 24 dicembre 2012

Un Natale di Classe con i cioccolatini Rolex


Sapevate che la Rolex, attraverso la rete delle proprie gioiellerie concessionarie, fa avere ai clienti più affezionati (tra i quali, a scanso di equivoci, io NON figuro) una prestigiosa confezione di cioccolatini in occasione delle festività natalizie?


Io sono entrato in possesso di una di queste confezioni (chiamatelo "regalo riciclato" se volete, ma comunque apprezzatissimo e di gran classe) e sono rimasto colpito per la sensazione di esclusività trasmessa dal packaging di questi sedici cioccolatini assortiti.


La scatola è in un lussuoso cartoncino rigido, dall'inconfondibile colore "verde-Rolex", all'interno della quale si trova un vassoio-cornice sul quale sono adagiati, protetti da una doppia cartina da alimenti, i sedici cioccolatini di provenienza rigorosamente svizzera.


Scartare una confezione così ben assemblata non fa altro che aumentare l'attesa e far avvertire il privilegio di aver accesso ad una specie di dolce ed esclusivo tesoro. Le forme squadrate, così come l'adesivo con logo Rolex che tiene ferme cartina e cartoncino di protezione, trasmette una sensazione "corporate" di solidità ed immutabilità (anche del valore) nel tempo.


L'adesivo con il logo Rolex si rimuove facilmente e permette di essere riposizionato, in modo da continuare a proteggere nel modo migliore i cioccolatini che rimangono da consumare.


Un'ulteriore cartina, di spessore generoso, costituisce l'ultima barriera che ci separa dai cioccolatini del produttore di orologi svizzero: una confezione così accurata permette anche al prodotto di arrivare integro in ogni parte del mondo nella quale esso venga spedito.


Ed eccoli i (dodici) cioccolatini, in tutto il loro elegante splendore: spessi pochi millimetri - dal momento che la scatola ha una specie di "doppio fondo" che ne previene l'utilizzo per, sia mai, ospitarne un secondo battaglione, i cioccolatini si presentano in quattro diverse tentazioni e riportano ciascuno il logo Rolex nella parte superiore.


Panna, nocciola, vaniglia e caffè dovrebbero essere i gusti disponibili: scrivo "dovrebbero" perchè, fino ad ora, ho avuto l'occasione di provare personalmente solo la versione con un morbido e scioglievole ripieno al caffè, che ho trovato molto delicata ed equilibrata. Si tratta di cioccolatini eleganti anche nel gusto, dal momento che le varianti tra di loro sono minime e vanno apprezzate degustandoli lentamente.


La fascetta di carta che avvolge esternamente la confezione riporta sul lato superiore la scritta "Avec nos compliments", mentre nella parte inferiore sono indicate la provenienza della cioccolata, l'importatore italiano e la lista degli ingredienti (che comprendono umettanti e conservanti, probabilmente per il solo ripieno).




Sia che siate tra i fortunati destinatari di una di queste confezioni, o che sappiate godervi con lo stesso - goloso - entusiasmo una scatola di cioccolatini dell'Eurospin, approfitto di questo post per fare a tutti voi tanti auguri di Buone Feste ed un Sereno Natale!


sabato 22 dicembre 2012

L'auricolare Bluetooth ed il Good Enough

Mentre ascolto il prog italiano dei TenMidnight (The City Of Angels, 2011) volgo lo sguardo al mio nuovo auricolare Bluetooth, appena arrivato dalla Cina. Affascinato dall'idea di poter rispondere al telefono tenendo le mani in tasca al calduccio, mentre passeggio sul lungomare di Cervia (e convinto che tenere il mio adorato Palm Pixi Plus lontano dalla testa non possa farmi male, anzi...) ho ordinato un nuovo auricolare low-cost sul fidato sito www.tinydeal.com , una colorata vetrina di cineserie a basso prezzo della quale sono cliente ormai abituale.


L'ordine è stato fatto il 13 Novembre e c'è voluto circa un mesetto perchè l'auricolare mi fosse recapitato in ufficio, per cui il primo consiglio che mi sento di dare a chi voglia acquistare dalla Cina è quello di non avere fretta, e di non rivolgersi così lontano per gli acquisti più urgenti. Se si tratta invece di beni superflui-ma-con-dignità, senza i quali abbiamo felicemente vissuto per decenni, ecco allora che l'acquisto esotico comincia ad esercitare tutto il suo irresistibile fascino.


L'auricolare rappresenta, nel suo fisicamente piccolo, tutta la convenienza che si può ottenere acquistando articoli di bassa tecnologia direttamente in Cina. Se infatti non tutti i prodotti venduti in questi supermarket low-cost possono vantare una qualità paragonabile a quella dei migliori prodotti di marca, va comunque riconosciuta alla gran parte di essi una qualità assolutamente sufficiente per un utilizzo quotidiano ("good enough", sufficientemente buono). L'auricolare in oggetto, contenuto in una robusta confezione bianca di cartoncino e recapitato all'interno di un anonimo pacchetto (passato indenne dalle dogane dell'aeroporto, probabilmente per il suo valore particolarmente contenuto) ha un costo di €4.63 che, sommati agli €1.94 richiesti per la spedizione aerea, portano il costo totale dell'oggetto ad €6.57 (pari a 12.700 lire circa).

[€6.57]
Tutto Tutto Compreso!

L'auricolare si collega automaticamente al cellulare (nel mio caso non è stato nemmeno necessario inserire alcuna password per effettuare il pairing), offre una discreta qualità audio, presenta un led blu che ne indica il funzionamento e lo stato di carica e permette, grazie ai tre pulsanti in dotazione, di ricevere/chiudere le chiamate e di regolare il volume. Particolarmente utile il fatto di ricevere degli avvisi sonori - discreti, non fastidiosi - anche quando il telefono riceve delle notifiche (ad esempio nel caso dell'arrivo di una mail o di una notifica di Facebook) e quando la batteria sta per esaurirsi. In caso di esaurimento della carica, sarà sufficiente collegare il dispositivo all'alimentatore fornito in dotazione - con tanto di adattatore di tipo europeo compreso nella confezione - per ripartire di slancio nel giro di un'ora circa.

Il produttore (sconosciuto, naturalmente) dichiara, nello scarno libretto di istruzioni in lingua inglese fornito a corredo, un'autonomia di almeno 3 ore in conversazione e di almeno 100 ore in stand-by, dati che è comunque ragionevole prendere "con le molle" quando si parla di prodotti low-cost (notoriamente deboli dal punto di vista dell'autonomia). Dopo qualche giorno di soddisfacente utilizzo posso comunque affermare che è possibile utilizzare l'auricolare Bluetooth per un'intera giornata lavorativa senza problemi, ricaricandolo una volta rientrati a casa per essere sicuri di ripartire con il massimo dell'autonomia all'indomani. Da notare, infine, che la confezione comprende anche un piccolo archetto di plastica che è possibile montare sull'auricolare nel caso non lo sentiste troppo stabile una volta appoggiato ed inserito nell'orecchio.

Questo auricolare conferma l'ottima opinione che ho nei confronti dei principali rivenditori cinesi di elettroniche online: i pagamenti sono sicuri (gestiti in prevalenza con PayPal, proprio come su eBay), la comunicazione col venditore in caso di problemi è ottima (io stesso ho ottenuto un rimborso senza problemi, nel caso di un tablet Android che aveva smesso di funzionare), per diversi prodotti sono disponibili i pezzi di ricambio ed i prezzi sono semplicemente imbattibili se confrontati con quanto è possibile acquistare nei negozi tradizionali italiani. Come già detto, acquistare su TinyDeal & simili può non essere la scelta ideale quando si è alla ricerca di una qualità e di un'affidabilità di tipo professionale: in questo caso ha senso "pagare la marca", perchè questo significa acquistare know-how ed assistenza, qualità intrinseca e ricerca&sviluppo più approfonditi. Per tutti gli altri casi, spesso riferibili alla quotidianità di molti di noi, l'acquisto "cinese" vale sicuramente la pena di essere provato: l'efficienza del servizio, la corrispondenza tra quanto descritto e quanto ricevuto ed i prezzi ridicolmente bassi (spesso già comprensivi di spese di spedizione) potrebbero farvi vincere le naturali resistenze e farvi diventare "China-shopper" felici & soddisfatti.

Nei prossimi giorni vi parlerò dello smartphone ZOPO ZP-500...

lunedì 17 dicembre 2012

Recensione cuffie KOSS PORTA PRO


“Tanto pratiche a casa come in viaggio, le cuffie Hi-Fi PortaPro di Koss offrono un suono molto fedele con una risposta a frequenza allargata per cogliere ogni sfumatura del tuo film preferito o del tuo musical preferito. Dotate di cuscinetti in gommapiuma per un comfort d'ascolto ottimale, le PORTAPRO sono delle cuffie di tipo aperto, ideali per apprezzare dei brani musicali senza essere disturbati dall'ambiente circostante. Molto comode grazie al loro archetto regolabile, le Koss PortaPro sono le compagne fedeli di tutti i tuoi momenti musicali. Garanzia a vita di Koss.” 
Definite addirittura “miracolose” su diversi forum, le Porta Pro sono forse il modello più conosciuto tra quelli prodotti dall’americana Koss: vendute da oltre vent’anni (sono state lanciate nel 1984) ed oggetto di minime revisioni, le Porta Pro sono facilmente reperibili online ed offline ad un prezzo inferiore ai 30€. Considerato il prezzo accessibile, le cuffie Koss vantano caratteristiche tecniche interessanti:

Risposta in frequenza 15-25.000Hz
Impedenza 60 Ohm
Sensibilità 101dB
Forma semi-aperta
Magnete in neodimio, ferro e boron

Contraddistinte da un look essenziale ma riconoscibilissimo, leggere da indossare e facilmente adattabili (grazie alla doppia impostazione firm/light di ciascun trasduttore) alla testa di tutti, le Porta Pro sono cuffie indicate per attività all’aria aperto che non disdegnano, come vedremo, un ascolto più attento tra le mura domestiche. Per la nostra prova utilizziamo un notebook Compaq 6720s, equipaggiato con il chip AD1981HD di Analog Devices e Windows Media Player 11 (inizialmente senza equalizzazione attivata): l’amplificazione del segnale in uscita è invece affidata ad un amplificatore per cuffie marcato Miridiy, che utilizza un doppio canale digitale/analogico, grazie alla presenza di una valvola di tipo 6N11/ECC88, recentemente sostituita. 

Avendo letto della cura con la quale è stato prodotto l’ultimo album di Zucchero (La Sesiòn Cubana, Universal, 2012) decidiamo di mettere alla prova le cuffie con questo torrido mix di blues in salsa latina, e la prova offerta dalle mitiche Porta Pro convince sin dalle prime note. Fiati e percussioni, complice una buona separazione tra i canali, creano una scena credibile, che non eccelle tanto per definizione quanto per una generale sensazione di equilibrio: a cominciare dalla riproduzione dei bassi, corposa e precisa, tutti i suoni sono riconoscibili ed identificabili nello spazio, progressivamente esaltati mano a mano che essi si fanno più acuti. In mancanza di equalizzazione le Porta Pro non sono squillanti nè esageratamente brillanti, tentando all’opposto di offrire una riproduzione matura e dotata di inaspettato peso. Se non fosse per la piacevole leggerezza di queste cuffie, che le rende comode anche dopo un utilizzo prolungato, la sensazione all’ascolto sarebbe quella di indossare un apparecchio di dimensioni e pretese ben maggiori: se alle Koss manca forse il respiro, dall’altro la capacità comunicativa di queste cuffie le rende in grado di coinvolgere ed appassionare con i generi musicali meno complessi, perchè i risultati superano in molti casi le aspettative. 

Le frequenze nelle quali le PP sembrano più a loro agio sono a mio avviso le medio-basse e le medio-alte, utili a definire la presenza di certe sonorità (squisitamente latine, in questo caso), senza strafare. In assenza di correttivi rimane invece velata la resa della voce, riprodotta in modo più musicale che analitico, quasi sacrificata sull’altare della generica coerenza alle quale le Koss non rinunciano. Il disco di Zucchero, in particolare, viene  esaltato nella sua componente corale, come un insieme ordinato di parti in movimento, caldo e colorato, senza che nè alla voce del cantante emiliano nè alle coriste che lo accompagnano venga accordata un’attenzione particolare. La mancanza di dettaglio si avverte nei momenti nei quali le Porta Pro non riescono a svelare la natura di uno strumento nudo, come nell’atmosferica Never Is A Moment o nella dolcissima Indaco Dagli Occhi Del Cielo: in entrambi i casi la tensione è palpabile, così come il delicato raccordo delle diverse parti, tuttavia sembra che tra l’ascoltatore e la fonte ci sia uno spazio che le Koss non riescono ad annullare, e che pregiudica l’illusione di ascoltare - quasi sfiorandola - una vibrante performance dal vivo. Le corde nella conclusiva Sabor A Ti non tagliano l’aria come potrebbero, il tappeto di tastiere si perde tra arpeggi e percussioni, ed è ancora una volta la voce a costituire un punto di raccordo, per quanto resa con un dettaglio solo sufficiente. Riprodotta con le Superlux HD668B, mie attuali cuffie di riferimento, Baila è più attraente e maliziosa: mentre con le Porta Pro l’impressione è quella di un ordinato e pastoso tutt’uno, inerziale e che risulta difficile scomporre negli elementi che lo compongono, con le HD668B ritroviamo piani diversi e meglio separati, un basso armonioso che ne sostiene il movimento ondivago ed una voce presente e credibile, per quanto sempre in difficile coesistenza con organo, fiati e percussioni. Nettamente migliore, da un punto di vista della pura resa vocale, appare la performance delle AKG-K551, cuffie chiuse note ed apprezzate per la spazialità del proprio suono: le cuffie austriache riescono a pescare il dettaglio meglio della concorrenza low-cost, proponendo però un approccio analitico e fin troppo freddo, carente soprattutto nei bassi, che poco si sposa con le sensuali atmosfere sudamericane de La Sesiòn Cubana

Il comprensibile limite del prodotto Koss è dunque quello di non scavare nella debolezza umana, di non riuscire a cogliere la sofferenza d’amore in tutti i suoi delicati aspetti, la solitudine e la profondità del nero: le Porta Pro non regalano un’esaltazione artificiosa nè spaventano, non si sporcano le mani per ricercare un dettaglio che non possono conoscere, piuttosto tengono la mano per quella che si potrebbe descrivere come una gradevole, corroborante passeggiata musicale. Il segreto di queste cuffie risiede probabilmente nel giusto compromesso al quale il produttore americano si è piegato in fase progettuale, in un’ottica di contenimento dei costi ed appetibilità commerciale. Le Porta Pro non cercano infatti di fare bene troppe cose, avventurandosi pericolosamente al di là dei propri limiti fisici, preferendo invece concentrarsi su una riproduzione corretta e musicale, in un certo senso di autorevole furbizia (o furba autorevolezza), stupefacente per un ascolto disimpegnato e decorosissima - anche in virtù del prezzo di vendita contenuto - se analizzata con più calma. Le insidie di una cassa (Love Is All Around) oppure di un basso irraggiungibile nella sua profondità (Così Celeste, Ave Maria No Morro) sono prudentemente evitate, gestendo le frequenze più complicate con personalità da affidabile impiegato, e senza strafare. 

Il singolo Guantanamera, ascoltato con l’equalizzazione predefinita “Swing”, regala un ritmo dolce e sinuoso, e con esso l’esperienza del perdersi tra le voci, i suoni e le trascinanti percussioni dei bravi musicisti dei quali Zucchero è solito circondarsi: le Koss riescono a mantenere un ordine sufficiente anche nell’affollato finale, ribadendo la capacità di garantire in ogni frangente un ascolto armonioso. Migliore per spazialità e nitore è il lavoro svolto dalle AKG-K551: le cuffie che hanno raccolto l’eredità delle K550 (introducendo telecomando e comandi per iPhone) riescono a rendere con maggiore dettaglio cori (soprattutto femminili) e fiati, strumenti a corda e sonagli, regalando un’ottima prestazione, per quanto sbilanciata - come accade tra le note di Un Kilo - a favore delle frequenze medio-alte. Cuba Libre è un brano che si distingue per la grandiosità della scena, grazie alla maestosa apertura dei suoni nel ritornello: non è certo un’esplosione di fascino orchestrale quella alla quale si assiste, tuttavia le Porta Pro riescono a respirare quanto basta per offrire un assaggio di spazio e tridimensionalità. Anche alzando il volume ne L’Urlo, le Porta Pro continuano a svolgere il proprio onesto, operaio lavoro senza affanni: in totale assenza di avvertibile distorsione, la maggiore pressione sonora serve piuttosto a conferire una verve aggiuntiva allo spettacolo, permettendo alla voce di arrivare più vicina alle orecchie dell’ascoltatore. L’assolo di organo è un momento di festa che quasi riesce a far scomparire le cuffie dietro alla musica, tanti sono i colori presenti nell’allegro quadretto sudamericano: le Porta Pro lasciano che siano le note a parlare, e sanno rendersi per un attimo invisibili al pari di prodotti ben più costosi. 

La versatilità di queste cuffie permette di apprezzarne le caratteristiche con altri tipi di sollecitazioni: She’s Just A Liar dei rocker australiani BabyJane suona addirittura meglio delle concorrenti che costano dieci volte tanto (come la AKG) grazie ad una presentazione assolutamente compatta e sicura, che porta chitarre elettriche e batteria in virile, ingombrante presenza. Uguale plauso le Koss lo ottengono quando messe alla prova con i cori impegnativi di The Things We Believe In degli Orden Ogan e le chitarre infuocate di In The Name Of Metal dei Bloodbound: dal suono della radiosveglia nelle battute iniziali alle percussioni che fanno vibrare gli altoparlanti sulle orecchie (che gusto!) senza però scomporli, queste piccole cuffie rivelano energia e carattere, insuperabili nella pura mole di Quantità che riescono a produrre. Va peggio quando alle piccole di casa Koss viene richiesta una maestosità che, per limiti prettamente fisici, esse non possono regalare: il death-metal sinfonico dei cechi Inner Fear (First Born Fear, 2012) è compresso ed appiattito, servito con un affanno che lo rende più da ascoltare che da vivere. Il suono complesso, che prevede contemporaneamente voci rabbiose, archi ed assalti di chitarra/batteria, viene risolto in un unicum a tratti confuso e lontano che, pur senza risultare distorto, ha il sapore di un “massimo possibile” che non può soddisfare del tutto: gli archi sono presenti ma non sferzanti, le chitarre suonano attutite e le voci femminili - come velate, al pari degli spunti elettronici - perdono in credibilità, efficacia dinamica e sensualità. 

Le Porta Pro si fanno apprezzare per il carattere ruspante, per l’onestà con le quali approcciano una riproduzione musicale low-cost che, con ostinazione felina, non si lascia facilmente intimorire: individuarne pregi e difetti è infatti semplicissimo, anche dopo pochi ascolti, per cui diventa altrettanto facile prevedere la resa di queste cuffie con la propria musica preferita, adattando se necessario la curva di equalizzazione per modificarne - anche solo in parte - il comportamento. Di base, le cuffie americane garantiscono una riproduzione musicale ed autorevole, mai distorta, che per questo motivo presenta interessanti margini di personalizzazione: una menzione particolare la merita inoltre il comfort offerto, frutto di un’impostazione semplice e razionale che ha molto a che spartire con il carattere sonoro che abbbiamo avuto occasione di apprezzare. Le Koss sono cuffie consigliatissime per comodità ed affidabilità (sono garantite a vita, ed ottenerne la sostituzione in caso di malfunzionamento è piuttosto semplice), e per il modo in cui insegnano ad apprezzare una corretta riproduzione della musica, il tutto ad un prezzo che non ammette scuse.

Voto: 74/100

giovedì 13 dicembre 2012

Recensione PURE' DI PATATE con BACON e FORMAGGIO

Anche oggi la mitica FIRMA ITALIA Spa ci regala un altro temibile azzardo di cucina in busta: dopo il riso alla cantonese e le paste etniche (giapponese, cinese e thailandese), l'industria alimentare di Muggiò (MB) solletica il nostro appetito con una serie di purè in busta, variamente declinati.


La specialità di oggi è costituita dal Purè di Patate con bacon e formaggio, un contorno sfizioso che è possibile preparare in pochi minuti, anche nel microonde!


Tra gli ingredienti presenti nella ricetta troviamo patate, formaggio, bacon, cipolla, prezzemolo, aglio e curcuma: per questo motivo all'apertura della busta si avverte un profumo molto speziato, gradevole ma diverso da quello - più delicato e neutro - del purè tradizionale.


La preparazione è semplice e velocissima. In un contenitore adatto per la cucina a microonde si versano un bicchiere e mezzo di acqua, un bicchiere e mezzo di latte ed una noce di burro: poi si mescola accuratamente il tutto e lo si cucina per 5 minuti nel forno a microonde, alla massima potenza. A fine cottura si rimescola il purè, per assicurarsi che non ci siano grumi ed il condimento sia ben amalgamato, e si serve in tavola.


La presentazione, come da tradizione FIRMA, è gradevole: la crema di patate ha un bell'aspetto ed un profumo accattivante. Il purè ha un sapore delicato, per cui si avverte chiaramente il gusto del bacon (distribuito generosamente ed in piccoli pezzetti, ammorbiditi a fine cottura) e quello della cipolla, che in qualche modo lo completa.


Ancora una volta i preparati in busta venduti all'Eurospin stupiscono per fantasia, facilità e riuscita: non si tratta certo di piatti da consumare tutti i giorni (anche in virtù del contenuto di emulsionanti, stabilizzanti, antiossidanti, conservanti ed altre diavolerie chimiche), quanto di proposte diverse da assaggiare quando si è a corto di tempo e si desidera provare qualcosa di nuovo.

Voto 6/10

mercoledì 12 dicembre 2012

Recensione cuffie AKG-K551


Dopo aver vinto il concorso di Lexus Europe, che mi ha permesso di volare in Germania per assistere come "ospite VIP" all'edizione 2010 della Nurburgring 24h, lo scorso Novembre ho partecipato ad un'iniziativa di AKG chiamata "AKG Expert Panel". Il produttore di cuffie austriaco, attraverso l'olandese Fortress Social Branding, ha aperto una sorta di competizione su Facebook - mediante un'apposita app - mirata alla ricerca di blogger sparsi in tutta Europa disposti a provare e recensire le nuove cuffie AKG-K551, presentate così sul sito ufficiale:
“Realizzazione di un ambiente sonoro altamente realistico.
Gli ingegneri AKG® hanno ottimizzato le cuffie K551 per un'esperienza d'ascolto completamente avvolgente. A partire dal driver da 50 mm su ciascun orecchio, queste cuffie reference class si avvalgono della tecnologia Real Image Engineering per creare un ambiente di ascolto altamente realistico e arricchito da una vera e propria sensazione di spazio tridimensionale. Eleganti e portabili, le K551 consentono di portarsi appresso un suono dalla qualità da studio di registrazione ovunque si vada. E il microfono sul cavo consente di rispondere alla telefonate che si ricevono sull'iPhone. Le cuffie K551 sono leggere e confortevoli e vantano un'eccezionale attenuazione passiva del rumore e livelli estremamente bassi di dispersione del suono. In questo modo, sarà possibile restare beati nel proprio ambiente sonoro per ore e ore.”

Si tratta di cuffie di qualità, appartenenti alla serie Reference, con un prezzo di listino (pari a circa 290€) che va ben oltre le mie scelte hi-fi, notoriamente low-cost. Bene, il 28 Novembre, mentre alla stazione di Cesena (FC) aspettavo il Regionale Veloce che mi avrebbe portato nell’opulenta Bologna, ho ricevuto una mail da parte di Alexander di Fortress Social Branding che mi informava di essere stato scelto per prendere parte all’Expert Panel di AKG, e che mi sarebbe stato spedito un paio di cuffie all'indirizzo che avrei indicato. Inutile descrivere la sorpresa e la felicità che ho provato, e l'entusiasmo col quale ho accettato di preparare una recensione approfondita da pubblicare su questo blog entro il prossimo 19 Dicembre. Mi sembrava necessario chiarire come sono entrato in possesso delle AKG per una questione di trasparenza nei confronti del lettore, garantendo che nelle righe di seguito ne verranno comunque presentati pregi e difetti con la massima onestà.


Le cuffie sono arrivate (dall’Olanda) nella giornata di Venerdì 7 Dicembre, protette da un imballo talmente voluminoso da farmi dubitare dell’effettivo contenuto dello stesso: protetta ai lati da fogli arancioni di carta appallottolata delle poste olandesi ed avvolta in un generoso Pluriball, la confezione delle K551 si è finalmente rivelata in tutto il suo sobrio, quadrato ed elegante splendore. 


La parte superiore della scatola, in total black, sembra quasi incorniciare le cuffie di colore bianco (con profili metallizzati), permettendo di apprezzarne l’eleganza attraverso un’ampia cornice trasparente, sulla quale è riportata la dicitura “Closed-back reference class headphones”. Non mancano, diametralmente opposti, i loghi di “AKG by Harman” e quelli dei prodotti Apple - iPod, iPhone ed iPad) compatibili con il telecomando inserito nel cavo delle cuffie. Sui lati della lussuosa scatola troviamo una spiegazione schematica dei comandi che è possibile impartire dal telecomando (controlli volume, accettazione di telefonate e chiusura delle stesse, riproduzione, pausa e scelta della traccia precedente/successiva), l’indicazione dei due anni di garanzia e, a spezzare l’eleganza seriosa del colore nero, una fascia di colore giallo all’estremo della quale è ben visibile la scritta “On The Go” che identifica questo prodotto, nonostante le generose dimensioni, come adatto anche all’ascolto fuori dall’ambiente domestico. 


Tecnicamente più interessante si presenta invece il lato posteriore della scatola, che presenta peculiarità e caratteristiche tecniche del modello col quale AKG ha rinnovato i fasti delle precedenti K550. Per presentare questa versione il produttore austriaco (qui la storia del marchio) pone l’accento sulla natura chiusa e sul suono arioso di queste cuffie, sulla presenza del telecomando, sul driver da 50mm utilizzato, sul peso contenuto e sul meccanismo di ripiegamento 2D-Axis, che ne permette un trasporto agevole. 

Da un punto di vista tecnico le caratteristiche delle AKG-K551 si possono riassumere con queste specifiche:
  • Impedenza 32 Ohm
  • Sensibilità 114 dB
  • Risposta in frequenza 12Hz - 28000Hz
  • Peso 305 grammi
  • Cavo di 1.2 metri

Nella parte inferiore troviamo infine il numero di serie in bella evidenza e l’inevitabile dicitura Made In China, nonostante sia specificato che il prodotto viene disegnato e progettato in Austria. 


Sollevata la parte trasparente della scatola (non senza impegno, dal momento che gli elementi sovrapposti tendono a sigillarsi l’uno con l’altro per un effetto fisico del quale non ricordo il nome), troviamo finalmente le AKG adagiate su un sottile supporto di plastica bianca, piuttosto economico: particolarmente sobrio sembra anche il cavetto delle cuffie, troppo sottile, troppo corto e di colore troppo azzurro, così come non convincono la fattura plasticosa del piccolo telecomando (i cui pulsanti agli estremi verticali possono essere premuti in una sola, specifica direzione) ed il jack da 3.5mm, che pare anch’esso meno rifinito del corrispondente elemento montato sulle K550.


Sollevate dal piano d’appoggio, le AKG-K551 trasmettono immediatamente una soddisfacente sensazione di solidità: comunque le si afferri, le cuffie rimangono immobili, ben bilanciate e caratterizzate dal profumo della simil-pelle che sa tanto di nuovo. A sostenere i trasduttori troviamo un’unica fascia metallica, sottilissima ma di larghezza generosa, regolabile su entrambi i lati senza sforzo grazie ad un sistema a scatti che prevede dodici posizioni sul lato sinistro ed altrettante su quello destro. Incollato sotto l’archetto di sostegno troviamo un’imbottitura che lo percorre per tutta la sua lunghezza, quando non esteso ai lati: il cuscinetto è piacevole al tatto, ed il suo spessore appare sufficiente ad introdurre uno spazio confortevole tra la testa dell’ascoltatore e l’archetto metallico. Il collegamento tra l’arco superiore ed i trasduttori è infine assicurato - mediante l’applicazione di una sola vite - da una sezione in materiale plastico, dalla piacevole finitura lucida: l’elemento inferiore aggancia la cuffia dal solo lato posteriore (rimanendo quindi invisibile a chi osserva l’utilizzatore) e, snodato, permette di ruotare gli altoparlanti di novanta gradi sul lato interno. 


Le cuffie, una volta indossate, avvolgono con dolcezza l’intero padiglione auricolare: l’imbottitura, realizzata in materiale sintetico di colore grigio, preme senza infastidire, realizzando quella compressione in grado di non far disperdere eccessivamente il suono all’esterno. Per testare il suono delle AKG-K551 utilizziamo un notebook Compaq 6720s, equipaggiato con il chip AD1981HD di Analog Devices e Windows Media Player 11 (senza equalizzazione attivata): l’amplificazione del segnale in uscita è invece affidata ad un amplificatore per cuffie marcato Miridiy, che utilizza un doppio canale digitale/analogico, grazie alla presenza di una valvola di tipo 6N11/ECC88.

L'ASCOLTO

Dopo un burn-in iniziale di circa tre ore, effettuato riproducendo in loop Empire dei Queensryche, il primo assaggio di pelle d’oca le AKG lo offrono con l’ascolto di It’s Not Unusual ed I’ll Never Fall In Love Again interpretate da Clare Teal (The Many Sides Of Clare Teal): a colpire in prima battuta è innanzitutto la sensazione di tridimensionalità, che avvolge l’ascoltatore con naturalezza, indipendentemente dal fatto che le note provengono da casse di tipo chiuso. La scena sonora, al contrario, è inaspettatamente vasta, circolare, con la voce in analitica evidenza e tutti gli strumenti a gravitarle attorno, con ordine e respiro. Il dettaglio si avverte nella presenza corposa degli archi, in un charleston finemente cesellato, nel duetto educato di chitarra e pianoforte, chiaramente distinguibili su piani diversi anche quando eseguono la stessa partitura. What I Am di Edie Brickell regala un altro terreno sul quale le cuffie di AKG hanno gioco facile: l’insieme riprodotto è brillante e coerente, avvolgente e tridimensionale grazie alla sensazione di trovarsi al centro di uno spazio più ampio, tipico dell’esecuzione dal vivo. Anche in questo caso alla composizione della scena sonora contribuiscono con maggiore autorità voce e chitarre/tastiere di quanto non faccia il basso, ridotto al ruolo di semplice, per quanto riconoscibile comparsa. Simile il comportamento con il nostrano Cesare Cremonini, e la sua Il Comico (Sai Che Risate): la voce del cantante di Bologna rimane in primo piano, riprodotta con precisione nasale, mentre tra gli elementi di contorno spiccano con un certo vigore archi e sonagli. 


Le mie amate Superlux HD668B (circa 30€ su eBay) attenuano la voce a favore di una sezione ritmica più corposa ed esuberante: cassa e basso sono presenti e riconoscibili, mentre perdono decisamente di brillantezza i piccoli abbellimenti che regalano vivacità alla canzone, lungo tutta la sua durata: queste cuffie economiche propongono un suono certamente meno personale, più equilibrato perchè meno analitico, incapace di cogliere la piccola finezza a favore di una fotografia dal carattere panoramico. Eyes Of A Stranger dei Queensryche nella versione riprodotta dalla Superlux è potente ma appiattita, generosa nell’elargizione delle frequenze più basse ma sostanzialmente priva di dettaglio: voci e strumenti sono salomonicamente posti su piani simili, con una resa equilibrata ma poco personale. Agli archi riprodotti da AKG nella stessa canzone manca forse un poco di presenza drammatica, ma quando tutti gli strumenti entrano in scena l’impatto di un paio di cuffie superiore è evidente: “controllo” è il termine che meglio ne descrive il carattere, a significare una certosina, infaticabile opera di smistamento delle sonorità che assegna a ciascuna il proprio spazio secondo i rapporti di forza dettati dagli ingegneri austriaci. Quello della verticalità è un ulteriore elemento che distingue una riproduzione di qualità migliore: non solo i suoni sembrano provenire da uno spazio più ampio, ma si avverte anche una sorta di gerarchia tra le fonti, che probabilmente costituisce il segreto di una resa tanto ordinata. L’impressione è quella di trovarsi al cospetto di diffusori a più vie, capaci ciascuno di riprodurre le frequenze assegnate senza sovrapporsi con le altre. Il dettaglio delle AKG è evidente nella parte finale del brano, nella quale confluiscono assoli, riff e voci provenienti da ogni direzione: gli elementi che si notano sono in numero superiore a quanto avessi avvertito fino ad ora e finalmente posso esclamare anche io di avere sentito, come capita agli audiofili di primo pelo, suoni che prima di oggi non mi erano sembrati nemmeno presenti sul dischetto argentato. 


Le K551 impongono ad ogni contenuto un approccio easy-going, refrattario ad ogni tipo di autoindotto affaticamento, e propongono un ascolto intelligente, smart, capace di ordinare le diverse sonorità su piani differenti, assegnando a ciascuna la giusta posizione all’interno di uno spazio dilatato: non solo destra e sinistra, dunque, ma anche la sensazione di elementi più vicini ed altri più discreti, con la voce e le frequenze medie che sembra dominare le scene da una posizione di assoluta centralità. Per quanto riguarda la resa della voce, in particolare, va rimarcata la capacità di queste cuffie di dare particolare vita e passione alle parti cantate, che sembrano insinuarsi piacevolmente dentro di noi, sviluppandosi da dentro, invece che provenire da due elementi elettromeccanici posti in epidermica prossimità delle nostre orecchie. L’effetto è quella di cuffie che scompaiono, alla pari dei migliori diffusori, complice un peso contenuto ed un comfort che si mantiene tale anche dopo gli ascolti più prolungati. Il reggae di Weight In Gold di Finley Quaye (28th February Road) racconta tanto circa il carattere composto ed analitico delle cuffie di origini europee: il suono del basso, che altre cuffie avrebbero esaltato con fare ruffiano ed accomodante, è qui presente per contribuire alla riuscita del brano, senza colorarlo nè esaltarlo eccessivamente. Le K551 tornano a privilegiare le frequenze medio-alte, restituendo una convincente espressività alla voce e sottolineando le note più brillanti delle chitarre acustiche, così come quelle della batteria: l’immagine è solare senza risultare scomposta, vivace senza disordine, di una maturità che appare funzionale ad una riproduzione esatta, mai incompleta, mai noiosa. Il rullante in particolare è reso con una precisione viva ed ariosa che sembra non poter appartenere ad un paio di cuffie chiuse, rendendo le AKG-K551 una scelta particolarmente adatta all’ascolto del classic rock, nel quale la nuance espressiva riveste un ruolo più importante di tempo, dinamica e ritmo. 


Le cuffie sembrano lavorare secondo le proprie regole, riluttanti agli artifici di prodotti più economici che puntano a stupire con il rischio di affaticare. Decido di metterle alla prova con l’onnipresente Gangnam Style di PSY e l’impressione è confermata: la voce del cantante coreano si appropria del primo piano, accompagnata da un tripudio di luminosissimi effetti sonori. Anche in questo caso le frequenze più basse sono presenti e facilmente distinguibili ma non “pompate”, donando alla riproduzione musicale un senso di ordinato fluire che non permette a certe frequenze di prevalere in modo disarmonico sulle altre: se poi si tenta di alzare il volume in Push And Stove dei No Doubt oltre il limite consentito, per sollecitare una resa maleducata delle frequenze più basse, le cuffie reagiscono prontamente - grazie alla buona sensibilità - ma generano un’evidente distorsione, rifiutandosi in questo modo di collaborare e distogliendo l’ascoltatore da propositi oltraggiosi. Le chitarre elettriche dei Poison in Unskinny Bop sembrano fermarsi un passo prima di dove al metallaro sarebbe piaciuto sentirle, ed anche Poison di Alice Cooper viene ricondotta - con le buone o con le cattive - ad una dimensione di disciplina collegiale, che a dir il vero non pare appartenerle. Le K551 finiscono quindi con il privilegiare una resa equilibrata, che permetta di esaltarne le doti di morbida spazialità, a discapito di quelle dinamiche: Peter Gunn di Henry Mancini e Blue Velvet di Bobby Vinton mettono a proprio agio le AKG con la netta separazione tra i canali, bassi timidi e piacevolmente fuori dal tempo ed un’attenzione romantica alla voce che affascina e racconta, prima di tutto. La vera sorpresa delle cuffie oggetto di questa recensione sta quindi nel loro carattere ordinato, più coerente con il look raffinato che con l’etichetta “on the move” incollata sul lato della scatola.

LA PROVA CON IL DAC

Per verificare il comportamento delle nuove cuffie, ho pensato di agire in due diverse direzioni: per prima cosa ho effettuato un secondo periodo prolungato di burn-in, riproducendo musica in modo continuo dalle 7 del mattino alle 23 di sera. In secondo luogo, ho modificato l’amplificazione fornita agli altoparlanti, passando dall’amplificatore ibrido al DAC NG272011 prodotto da HA INFO. Si tratta di un DAC dal prezzo accessibile che utilizza componentistica BB PCM2702E, OPA2604AP e PHILIPS BD139/BD140, del quale avevo già avuto modo di apprezzare il suono limpido e dettagliato con le altre cuffie in mio possesso (Sennheiser HD40, Teufel Aureol Massive, Panasonic RP-HTF890, House Of Marley Positive Vibration). L’adattatore jack/mini-jack inserito nell’ingresso cuffie del DAC presenta purtroppo un’incompatibilità con il jack delle AKG per cui il suono riprodotto dalle cuffie risulta praticamente inascoltabile, in quanto mix di frequenze distorte ed altre completamente mancanti. 


Trovata con precisione chirurgica, e pazienza, la giusta posizione, è finalmente possibile procedere all’ascolto: sia Six degli All That Remains che Man On The Edge degli Iron Maiden ribadiscono, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il carattere composto di queste cuffie. Il fronte sonoro è ampio e tridimensionale, la dimensione quasi live, e risulta perfino divertente scovare le differenze tra i canali, che con altri trasduttori sembrerebbero invece riprodurre gli stessi suoni. Ancora eccellente è la resa della voce, che come detto sembra originare da dentro la testa dell’ascoltatore, generando una rara sensazione di immersività: le dolenti note riguardano invece il supporto delle frequenze medio-basse, che anche in questo caso sembrano volutamente carenti, come se la musica fosse resa principalmente da alti e medi (voce e chitarre soprattutto). 


Decido allora di aiutare le AKG a colorare leggermente il suono, agendo - senza esagerare - sull’equalizzatore di Windows Media Player ed il risultato è... wow! Le cuffie reagiscono alla grande, proponendo un mix di colore e dettaglio che, per quanto meno “neutrale” (o meno audiofilo, se volete) aggiunge però qualcosa in tema di coinvolgimento, spinta e disimpegnato divertimento. Save Tonight di Eagle Eye Cherry ha ritmo e calore, il basso trionfante di Suburban Knights degli Hard-Fi si fa sentire come dovrebbe (nel frattempo sposto di qualche millimetro l’archetto sulla testa, perchè la pressione comincia a farsi sentire), I Touch Myself dei The Divinyls è oscura e sexy proprio come la intendevano gli australiani nel 1991 ed In The Name Of Metal dei Bloodbound è un insieme cattivo e melodico, descritto nella sua trascinante pienezza. Deludente rimane invece Stairway To Heaven nella versione reggae-rock dei Dread Zeppelin, a causa di un basso che da protagonista si presenta ancora confinato a semplice, per quanto chiaramente avvertibile, comparsa, riservando le luci della ribalta alla voce calda di Tortelvis, alle chitarre ed alla batteria.


Rispetto alle mie Superlux HD668B, la resa delle cuffie AKG è più verosimile e dettagliata, vibrante e respirata, coraggiosa e dinamica. Le K551, opportunamente equalizzate, sono cuffie operaie che non si limitano a svolgere il compitino e che, al contrario, sembrano sforzarsi continuamente alla ricerca di una resa e di un dettaglio di qualità superiori. Tridimensionalità, tessuto delle frequenze medie e coerenza sono tra i fattori che rendono il prodotto della Casa Austriaca facilmente riconoscibile, perchè dotato di una propria personalità. Soprattutto per questi motivi, il giudizio non può che essere globalmente positivo: le K551 rappresentano infatti un ottimo upgrade per chiunque desideri un assaggio di qualità “reference”, ad un prezzo tutto sommato accessibile. Le prestazioni, e le conseguenti soddisfazioni, che si possono ottenere con le K551 le rendono degne di considerazione, a patto che se ne tengano in debito conto le preferenze musicali: la resa di reggae, pop e rock/metal risulta infatti leggermente sbilanciata a favore della fascia più alta dello spettro, mentre i generi incentrati sulle frequenze medie (nei quali sia la prestazione vocale a farla da padrone) godranno di una resa spettacolare, trasformando l’ascoltatore da semplice spettatore a protagonista della scena. Dal punto di vista dell’hardware, le cuffie sono comode ed esteticamente riuscite, ma il peso dell’archetto di sostegno tende a farsi sentire dopo un utilizzo molto prolungato: il cavo troppo corto e sottile, il telecomando dalla finitura decisamente cheap ed il jack incompatibile con alcuni adattatori sono difetti veniali che non compromettono la qualità dell’esperienza, ma che tolgono qualche punto alla valutazione finale nella prospettiva di un utilizzo “on the go”.

PRO
  • sensazione di spazio e dettaglio
  • resa vibrante delle frequenze medie
  • comodità dei padiglioni auricolari

CONTRO
  • misura del cavetto e finitura economica del telecomando
  • incompatibilità del jack da 3,5 mm con alcuni adattatori
  • necessità di equalizzazione per diventare coinvolgenti

Voto 81/100