sabato 10 agosto 2013

Recensione PLATITUDE - SILENCE SPEAKS


C’è anche un pezzettino di Italia nel breve cammino dei Platitude, band svedese formatasi nel 1995 che giunse, sette anni e tre demo più tardi, al debutto discografico (prodotto con la collaborazione di Tommy Hansen) proprio grazie alla nostrana Scarlet Records. Bene accolto ovunque, ed in particolare in Giappone, Secrets Of Life rappresentò la prima giovane tappa di un percorso fatto di tour europei, cambi di line-up e due ulteriori album da sottoporre al giudizio del pubblico, che videro lo stile power-neoclassico degli esordi evolversi mediante l’introduzione di elementi progressive, più oscuri e complessi. Silence Speaks, ultimo atto prima del definitivo scioglimento del 2008, fu registrato a partire dall’Aprile 2005, mescolando un heavy progressivo con un rock melodico e AOR che sarebbe stato distribuito sia in Europa che nel Paese del Sol Levante, e che oggi sopravvive grazie alla disponibilità di tutto il materiale prodotto sui principali siti di streaming e negozi digitali. Il modo in cui tra le prime note di Tell The Truth la potenza della batteria incontra il vezzo elettronico della tastiera definisce il marchio di fabbrica dei Platitude, che si traduce in un abbinamento sfaccettato, ora vezzoso, ora drammatico, agile nelle aperture di Kristofer von Wachenfeldt e più riflessivo negli intermezzi, negli special ed a ridosso degli assoli del clinico Gustav Köllerström. Di base orecchiabile e canterina, la musica di Silence Speaks potrebbe definirsi come un AOR sovrastrutturato, la cui base melodica (ne è principale alfiere la prova di Erik Blomkvist, nel cui repertorio canoro vanno annoverate tutte le figure retoriche del genere) si fonde progressivamente con chitarre potenti, costruzioni ritmiche più complesse e passaggi che tradiscono per un attimo la scorrevolezza originaria a favore di un maggior peso specifico. Frutto di questa commistione è un genere che rimane cantabile, molto ben prodotto, sebbene supportato da una commistione in grado di interessare anche gli amanti di espressioni a tinte power e progressive. La ricerca costante di una base melodica fa in modo che Silence Speaks si mantenga genericamente piacevole, con un avverbio utilizzato più per definire un sentimento generico che non per esprimere un compiacimento lungo quarantadue minuti: sono infatti frequenti i momenti in cui la costruzione operata dai cinque svedesi dimostra una riuscita più tecnica che emozionale, partorendo una musica ineccepibile ma prolissa, ricca di spunti e di colori che non trovano una conclusione sinergica, armonica, efficace. Le dieci tracce seguono uno svolgimento proprio e ritmicamente inarrestabile, contraddistinto da scarsa varietà, assenza di atmosfera e clichè rielaborati con classe (testi compresi), ma pur sempre riconoscibili perchè già sentiti e risentiti, già nell’ormai lontano 2006. Il disco finisce così per suonare specchiato, talmente perfetto nella sua ricercata forma da dimenticare la tensione, la ricerca del limite, l’episodio spiazzante, il temporaneo abbandono della comfort zone che lo renda avvicinabile alla debolezza, all’intimità, all’insondabilità del sentimento umano. Silence Speaks diventa dunque qualcosa di altro, di diverso e di lontano che mai riesce a farci muovere o commuovere, e per quanto non si possa non ammirarne la levigata manifattura, l’apprezzamento per la tecnica espressa rimane una cruda valutazione de facto, proiettata all’esterno, che sembra non riguardarci e persino volerci escludere. Problema ancora maggiore, la maggior parte dei brani manca di personalità, regalando - so to say - l’impressione all’ascoltatore di non aver colto un perchè in quattro minuti di canzone, lasciandolo con un senso di interlocutoria inadeguatezza e col sospetto di aver semplicemente perso tempo nel tentativo di dipanare la matassa. E’ in questo momento che, quasi in piccata risposta alla complessità formale dell'offerta, affiora la sensazione di una banalità di fondo (basti dare un'occhiata ai titoli dei brani in scaletta), nella riproposizione della stessa canzone in dieci guise nella speranza di trovarle un vestito (After The Storm tra i candidati possibili) che faccia presa. L'ultima prova dei Platitude (che è anche il titolo di un bellissimo brano dei finlandesi Bloodpit, da riscoprire senza indugi godendo del video qui sotto), benchè realizzata con una cura ed una professionalità entrambe degne di nota, dimostra anche il limite di un progetto stucchevole (ascoltare il cotonato revival ottantiano della bonus track Catch 22 / Ballad Version per credere) che oggi potremmo definire anacronistico perchè così poco emotivamente interattivo, di sconforto 1.0, al quale è mancata quella concentrazione, quella capacità di tagliare il superfluo necessaria a definirlo e ad affilarne l'artistica punta. 




Nell’album c’è purtroppo & paradossalmente tanto di buono ed il rimpianto è quello di non potere assistere all’impiego di siffatta qualità per dare un’ultima volta corpo ad una tracklist concentrata, un EP magari, capace di cogliere solo il meglio e dargli una forma tonica, organica, convincente. Il commiato del quintetto scandinavo assume invece l’aspetto di un piatto sin troppo ricco, di quelli che si vedono a Cucine da Incubo su Real Time, composto con ingenuità AOR ed un pizzico di presunzione prog, gettando in padella tanti ingredienti nobili (dalla tecnica dei singoli alla complessità degli arrangiamenti, dalla resa dinamica agli ottimi suoni che faranno vibrare di gioia altoparlanti e cuffie) che, benchè riconoscibili al primo ascolto, non trovano il momento per fondersi in qualcosa di nuovo, emotivamente significativo e trasversalmente memorabile come di solito avviene in una bella canzone.

[5]

Melodic Metal, 2006

InsideOut Music

Tracklist:
  1. Tell The Truth
  2. Silence Speaks
  3. Nobody's Hero
  4. Empty Inside
  5. Fear (It's Over Now)
  6. Don't Be Afraid
  7. Falling Down
  8. After The Storm
  9. Walk With Me
  10. You
Line-up:

Erik Blomkvist (Voce)
Gustav Köllerström (Chitarra)
Kristofer von Wachenfeldt (Tastiere)
Patrik Janson (Basso)
Erik Wigelius (Batteria)

Nessun commento :

Posta un commento